Egregio senatore Bedin,
oggi è la festa nazionale del IV Novembre: cerimonie poche e isolate per evitare i contagi; poche e isolate perché i promotori e i protagonisti sono tradizionalmente gli anziani, cioè proprio quelli che sono fortemente consigliati di restare segretati in casa: a tutela della loro vita e soprattutto perché non finiscano con il saturare gli ospedali.
Eppure, quest'anno il IV Novembre si presterebbe ad una "celebrazione" molto utile per l'attualità. Richiama una guerra, ed ora siamo dentro la guerra del Covid-19 che produce vittime, lutti, separazioni, distruzioni (economiche) durature; come in guerra, nessuno si sente al sicuro e nessuno riesce a fare progetti; come in guerra, bisogna fare scelte etiche drammatiche, perché ogni scelta comporta il sacrificio di alcune persone: intendo anche il sacrifico estremo, quando bisogna scegliere chi curare. Anche questo sta succedendo e credo sia la prima volta in Italia dopo la seconda guerra mondiale.
Gli ultimi, pochi reduci di quella guerra ora sono al fronte anche di questa guerra; sono sempre al fronte, sia che stiano segregati in casa, sia che si trovino in una residenza assistita, dove la prima ondata di pandemia ha fatto morire quattro anziani su dieci.
Non so se in qualche parte d'Italia ci siano sindaci e associazioni che hanno pensato di dedicare il IV Novembre 2020 proprio agli anziani, alla loro guerra di oggi per la quale hanno meno difese di quante non ne avessero nei loro vent'anni sotto le bombe. Ho pensato intanto di farlo, egregio senatore Bedin, scrivendo a lei, che anno dopo anno non ha mancato - da quello che leggo su Euganeo.it - di celebrare questa festa nazionale.
Commenta Tino Bedin
Mi manca, davvero, questa celebrazione. L'anno scorso per il IV Novembre ero a Vò, il comune dei Colli Euganei, che pochi mesi dopo è diventato una delle prime "trincee" italiane nella guerra della pandemia.
Effettivamente questa condizione del Covid-19 ha tutte le caratteristiche della guerra. À la guerre comme à la guerre, dicono i francesi in ogni situazione in cui bisogna adattarsi alle circostanze. Chi è più forte prende decisioni come in guerra: una, recente, è stata presa in Svizzera. Qui la Società delle Scienze mediche e la Società di Medicina intensiva hanno modificato le linee guida ospedaliere, introducendo tra i criteri di accoglienza l'età: se hai più di 85 anni non sarai ammesso alla terapia intensiva; se hai almeno una delle patologie di un preciso elenco, l'età cala a 75 anni. Se sei vecchio devi cavartela da solo. Credo sia il "vocabolario di guerra" per sacrificare i vecchi in modo che i giovani abbiano posto.
Si tratta di un criterio immorale e ancora più pericoloso del Covid-19: stabilisce che l'età assicura o toglie diritti e prestazioni; prevede che ai problemi di scarsità di risorse (da quelle economiche a quelle assistenziali) si possa dare soluzione abbandonando a se stesse le persone in base agli anni.
I continui e profetici anatemi di Papa Francesco contro la "cultura dello scarto", che molti considerano rivolti ai poveri del mondo, riguardano tutti i vecchi: in Svizzera e da noi.
|