Pandemia e RSA
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Vittorio Veneto (Treviso), 10 ottobre 2020

Strutture che molti hanno "scoperto" per l'alto numero di morti
Le residenze sanitarie assistenziali
nel cuore della pandemia

Il dibattito sulla vecchiaia fragile deve diventare stabilmente pubblico

Caro Bedin,
al centro della pandemia non si è trovato solo il sistema sanitario, con gli ospedali, la medicina territoriale, la riabilitazione. Anche il sistema sociosanitario è stato fin dall'inizio al centro della drammatica situazione che il covid-19 ha creato nelle persone, nelle famiglie, nelle strutture pubbliche e comunitarie. La sigla RSA è diventata familiare a milioni di italiani, che prima parlavano di case di riposo o di ospizi.
Devo dire che è diventata tristemente familiare, perché collegata ad un numero impressionante di morti e poi all'isolamento, alla solitudine. Mi è parso anche di cogliere un senso di disagio sociale di fronte alla "scoperta" di decine di migliaia di persone anziane costrette dalla fragilità della loro vecchiaia a vivere in residenze sanitarie assistenziali.
Ho letto che proprio per questo il sistema sociosanitario si trova al centro di un dibattito che riguarda l'esistenza stessa delle RSA: da più parti c'è chi si chiede se hanno ancora ragione di essere; ci si interroga sulla "missione" di queste strutture e sul modello organizzativo del futuro per la presa in carico di cronicità e disabilità.
Non so se questo dibattito avrà un futuro, una volta conclusa - come ci auguriamo - la pandemia. Mi piacerebbe però che non finisse qui e che non ci si accontentasse dell'inventiva e del cuore che comunque queste strutture stanno dimostrando di avere in questa emergenza epidemiologica.

Pasquale Sterni

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È indispensabile che questo dibattito continui, ma l'oggetto non può ridursi ai Centri servizi per anziani, alla loro organizzazione o magari alla loro esistenza. Il dibattito deve riguardare il rapporto della comunità con la vecchiaia fragile. Oggi questo rapporto "comunitario" è quasi inesistente, anche il Veneto.
Per questo credo che il dibattito debba partire qui in Veneto dall'infastidita reazione del presidente Zaia e del suo assessore alle sollecitazioni provenienti dalle strutture sociosanitarie all'inizio della pandemia: sono privati, non riguardano la Regione. Non era vero, né nella sostanza né nei fatti: e successivamente le risposte della Regione Veneto sono state l'opposto dell'indifferenza iniziale. Ma è da lì che bisogna partire, perché la prima reazione riflette il "sentire" diffuso: la vecchiaia è una questione privata, della persona e della sua famiglia.
Non è così e non solo perché la quantità del peso esistenziale e finanziario della vecchiaia fragile è tale da condizionare la società. Non è così soprattutto perché la prospettiva riguarda tutti e il futuro comune è un tema che non può non essere politico.

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