I cittadini veneti sono stati informati e sensibilizzati sulla sofferenza e (anche) sulla speranza del piccolo Nicolò Martin, colpito da malattia rarissima. Quello che mi ha fatto, e mi fa, rabbrividire, per non utilizzare altri termini più pesanti, è stato rilevare il costo del farmaco salvavita per Nicolò: ben due milioni di euro!
Domanda: questo stratosferico costo è la condizione obbligatoria economica per la cura sanitaria negli USA di Nicolò. Se questa è, dovesse essere, la condizione vincolante per salvare la vita ad una persona, siamo, saremmo, se fosse così, immersi nella più squallida barbarie umana: chi ha soldi può continuare a vivere, chi è povero, muoia rapidamente in pace.
Altra domanda, quali e quante risorse economiche sono state utilizzate per il farmaco (70 mila euro) più costoso al mondo? Chi ha effettuato tale investimento finanziario? Aziende farmaceutiche private o strutture sanitarie pubbliche? Sarebbe bene che dal Governo (Ministero della Salute) e dalla Giunta Regionale, arrivassero all'opinione pubblica esplicite risposte.
Risposte, ovviamente, solo, unicamente per conoscere nel merito come si determinano i costi per garantire le cure sanitarie ai cittadini. Comunque, in ogni caso: il diritto alla cura sanitaria, il diritto a continuare a vivere, il diritto al farmaco salvavita, almeno qui in Italia, questi diritti costituzionali non devono (non dovrebbero) mai essere soppesati a valori economici commerciali. Nel rispetto e nell'applicazione dell'articolo 32 della nostra Carta Costituzionale, può essere prevista, per i più ricchi, una equa compartecipazione ai costi sociosanitari, senza alcuna logica speculativa.
Al piccolo Nicolò ai suoi familiari non mancherà la solidarietà di migliaia di persone, al Governo e alla Regione l'obbligo di garantire le cure sanitarie a Nicolò, e a tutti i cittadini, senza vincolare spese impossibili ed inaccettabili a carico dei malati o delle loro famiglie.
Commenta Tino Bedin
Le domande che pone Franco Piacentini sono tutte quelle che vanno poste alla politica e alle istituzioni: in Veneto, per la titolarità della Regione in materia sanitaria, e allo Stato, per le competenze nella ricerca e nell'economia.
Solo a completamento, aggiungo qualche altra domanda che riporto dal "È tutta salute. In difesa della sanità pubblica" (Edizioni Gruppo Abele, 2018) di Nerina Dirindin, che è professoressa associata d'Economia pubblica e Politica sanitaria all'Università di Torino.ed è stata senatrice della Repubblica nella scorsa legislatura. Sono domande per i cittadini.
"Vorresti vivere in un Paese in cui se tuo figlio avesse improvvisamente bisogno di un trapianto di cuore potresti essere costretto a lasciarlo morire, nonostante la medicina sia assolutamente in grado di salvarlo? Perché esistono Paesi che consentono tali drammatiche situazioni? Non sarebbe preferibile adottare sistemi di protezione sanitaria che eliminino all'origine la possibilità di trovarsi di fronte a un tale rischio? Pare non sia così facile. […] Un tema delicato e difficile da dipanare, ma che spesso viene affrontato con la prospettiva di chi sta meglio e non di chi sta peggio. Chi non si preoccupa di chi sta peggio è perché sa di non appartenere a quella categoria".
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