Epidemia Covit-19
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Varese, 20 marzo 2020

Allarme pandemia delle case di riposo della provincia di Varese
Si rischia la formazione di cimiteri a cielo aperto
Anche l'Uneba del Veneto ha fatto concrete richieste al presidente Luca Zaia

Stiamo assistendo all’azzeramento di una intera classe sociale di ultra ottantacinquenni nel silenzio delle autorità regionali pubbliche. Ma UNEBA non ci sta e lancia un grido di allarme e di dolore per fermare la diffusione del contagio all’interno della RSA al fine di evitare la formazione di cimiteri a cielo aperto. La situazione è al limite del collasso e senza aiuti le RSA non ce la faranno da sole a superare il contagio. Siamo partiti dalle RSA di maggiori dimensioni (Molina, Provvidenza, ...) ma si arriverà presto ad affrontare il contagio in tutte le RSA. Le RSA solo sole a combattere il corona virus. E a domicilio non siamo neanche in grado di conteggiare il numero dei contagi né tanto meno dei sospetti contagiati e a casa, giornalmente, muoiono anziani soli e senza assistenza. I servizi domiciliari sono arrivati al collasso. La fondazione Sant’Erasmo, nostra associata nella provincia di Milano, sta spiegando a tutti cosa succederà a breve nella RSA lombarde e della provincia di Varese. Dal 24 febbraio non si è mosso nulla.
Premesso che:
- Nelle RSA c’è la popolazione più a rischio per il contagio corona virus che si trovano a scegliere di entrare in casa di riposo perché estremamente fragili, cronicamente complessi e pluripatologici;
- I care givers familiari non sono attrezzati per gestire a casa anziani fragili compromessi e tanto più se in situazione di contagio o sospetto contagio;
- Il personale delle RSA è perlopiù a carattere socio assistenziale e socio sanitario non specializzato in pneumologia e/o infettivologia;
Si prende atto che:
- Non sono rilevati numeri a domicilio perché non è mai stata attivata la rete di assistenza territoriale né tanto meno sono rilevati numeri di contagio all’interno delle residenze per anziani, disabili, …; non conosciamo il fenomeno nei termini quantitativi;
- Non sono previsti tamponi neanche davanti a sintomi evidenti e accertati dai medici delle RSA perché sono “anziani o grandi anziani”; a chi interessano questi anziani??
- È inibito l’accesso agli ospedali;
- È inibito l’accesso alle cure e alla tutela della salute in carenza di farmaci e soprattutto di dispositivi di protezione individuale (mascherine, occhiali ospedalieri, camici protettivi, …);
- Non sono previsti canali istituzionali di primo contatto e coordinamento in caso di sospetto contagio o di contagio avvenuto;
- Non è prevista una rete di assistenza e tutela (in assenza di appositi protocolli) tra ATS, ASST, Protezione civile, Croce Rossa, Comuni e unità di offerta socio sanitarie per pazienti fragili e complessi; non esiste una cabina di regia territoriale;
- Le RSA non sono considerate come attori soggetti a pericolo di contagio (come invece dovrebbero prioritariamente esserlo) da parte della Regione e della Protezione civile in riferimento alla distribuzione delle mascherine; ogni RSA si è attrezzata, con piccoli ordinativi, secondo le possibilità commerciali diversificate (commercio elettronico, acquisto dall’Europa, acquisto fuori Europa, acquisti in stoffa con accordi con aziende locali, ect ……) a prezzi esorbitanti.
Si propone di:
- Attivare un canale istituzionale esclusivo a favore delle RSA per la gestione di casi sospetti di contagio rivolto sia a persone anziane sia agli operatori professionali;
- Attivare un protocollo istituzionale e preferenziale con le ASST per la gestione e l’esecuzione dei tamponi e consulti medico specialistici oltre che la fornitura di farmaci salva vita oggi introvabili perché destinati esclusivamente al circuito ospedaliero;
- Promuovere l’acquisto coordinato e continuativo di dispositivi di protezione individuale, in particolare modo mascherine chirurgiche, ffp2 e ffp3 oltre al kit completo da mettere in uso in caso di contagio;
- Cancellare le disposizioni regionali che prevedo l’inserimento di persone Covid 19 positive all’interno delle RSA a nessun titolo, anche perché possono esserci persone contagiose asintomatiche.
In caso contrario saremo costretti a contare solamente i decessi impotenti e isolati in assenza di un intervento pubblico a tutela della salute delle persone anziane. Abbiamo già casi drammatici conclamati e altri ad inizio di diffusione di contagio.

Marco Petrillo
Vice Presidente Regionale
e Presidente Provincia di Varese di UNEBA

Commenta Tino Bedin

Il comunicato di Uneba Provincia di Varese è drammatico, anche per le dimensioni di questa Associazione di categoria delle Case di riposo senza fini di lucro: in provincia di Varese ve ne fanno parte infatti 45 Residenze sanitarie assistenziali sulle 54 attive nel territorio. Me lo invia un amico giornalista di quella città, in considerazione della mia esperienza di presidente di AltaVita Ira a Padova.
Sono giorni e giorni ormai che in tutta Italia amministratori, dirigenti, personale delle case di riposo richiamano drammaticamente la condizione di rischio in cui tutti vivono all'interno delle case di riposo. Ma dovrebbe essere evidenti a tutte le istituzioni, in Lombardia come in Veneto, le ragioni per cui gli ospiti delle case di riposo sono fra le vittime predestinate del Covid-19. Un gruppo di esperti le ha così riassunto la condizione di questi anziani:
o di solito presentano patologie di base o sono per lo più affetti da patologie croniche spesso multiple;
o di solito hanno un'età avanzata;
o hanno stretti contatti con altre persone (i loro caregiver) e gli altri ospiti;
o trascorrono molto tempo in ambienti chiusi con popolazioni ugualmente vulnerabili;
o la presenza di ospiti con deterioramento cognitivo può rendere difficile l'applicazione delle precauzioni di contatto e dell'isolamento.
La situazione è così generalizzata che ieri, 19 marzo, anche l'Uneba del Veneto ha scritto al presidente regionale Luca Zaia; chiede: tamponi urgenti per i dipendenti di strutture residenziali per anziani; fornitura ai centri servizi per anziani di dispositivi di protezione individuale omologati e certificati (mascherine chirurgiche, PFF2, PFF3, etc.) in quantità sufficiente per gestire l'attività ordinaria di prevenzione della diffusione del virus e di - kit di dispositivi omologati e certificati specifici per la attività straordinaria di gestione dei casi conclamati; "no alla parcelizzazione dei pazienti Covid-19 positivi in una pluralità di luoghi comunitari di dimensioni ridotte".
C'è da aggiungere che i rischi per ospiti e personale delle case di riposo non sono solo interni; stanno venendo anche da fuori. Infatti l'Uneba del Veneto chiede a Zaia che "ogni nuovo ospite, soprattutto allorché proveniente da ambienti ospedalieri (che si sono purtroppo dimostrati, in varie realtà italiane e regionali, veri incubatori del virus) o domiciliari, va accolto presso i Centri Servizi solo dopo essere stato riscontrato negativo a successivi tamponi nasofaringei e sottoposto ad adeguato periodo di isolamento".

    Partecipa al dialogo su questo argomento

20-di-06
30 marzo 2020
scrivi al senatore
Tino Bedin