Egregio senatore Bedin,
desidero richiamare l'attenzione sua e dei suoi lettori su uno dei contenuti del messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della Pace del 1° gennaio. Mi ha fatto riflettere il legame che il Papa ha segnala tra la pace e l'ecologia; egli invita a percorrere un "cammino di conversione ecologica" per arrivare alla pace. "Di fronte alle conseguenze della nostra ostilità verso gli altri, del mancato rispetto della casa comune e dello sfruttamento abusivo delle risorse naturali - viste come strumenti utili unicamente per il profitto di oggi, senza rispetto per le comunità locali, per il bene comune e per la natura - abbiamo bisogno di una conversione ecologica".
Non l'unico cammino, ma anche la salvaguardia del creato è una strada di pacificazione per il presente e per il futuro. Questa conversione comporta, infatti, "un nuovo modo di abitare la casa comune, di essere presenti gli uni agli altri con le proprie diversità, di celebrare e rispettare la vita ricevuta e condivisa, di preoccuparci di condizioni e modelli di società che favoriscano la fioritura e la permanenza della vita nel futuro, di sviluppare il bene comune dell'intera famiglia umana".
Devo dire che questa sintesi è davvero illuminante e completa; è un progetto non individuale, ma della comunità.
Eppure, la comunità è stata silenziosa. Ed è questa la ragione vera di questa mia lettera: la parola di Papa Francesco è caduta nel vuoto; pur rientrando in un magistero costante, cui il Papa ha dedicato anche un'enciclica, la "Laudato si'", non ha suscitato discussioni, approfondimenti, magari critiche.
Cosa succede alla nostra comunità? Fa discutere Greta Thunberg e il Papa no. Lo scrivo senza polemica, ma con amarezza. È importante, bello e fonte di speranza che una ragazza faccia parlare il mondo e parli al mondo dell'ambiente. Questo però rende ancora più inquietante la domanda: perché questo non succede al Papa? Perché non succede neppure nelle nostre comunità cristiane? Perché i giovani delle associazioni cattoliche non portano ai "Venerdì per il futuro" anche la ricchezza del magistero?
Siamo davvero così ininfluenti, noi credenti?
Commenta Tino Bedin
Il Presidente Sergio Mattarella non ha mancato, rispondendo proprio al Messaggio per la Giornata della Pace, di sottolineare il richiamo alla conversione ecologica, aggiungendo - come agenda per il Parlamento e il governo italiani - che "La tutela del patrimonio naturale, così come di quello culturale e artistico, è uno dei principi costituzionali della Repubblica Italiana".
Nella Chiesa sono cresciute le voci che alimentano la profezia di Papa Francesco: penso al Sinodo sull'Amazzonia. Insomma, Papa Francesco non è solo, come si potrebbe però ricavare - e giustamente ciò inquieta Daniela Lovisetto - dalla scarsissima rilevanza nell'opinione pubblica italiana.
Questa irrilevanza è un problema generale cui la comunità dei credenti italiani non riesce a dare soluzione: riguarda complessivamente il loro ruolo nella comunità politica, culturale, sociale. Nei "cinguettii televisivi", cui è costretta la comunicazione politica, non si sente mai un senatore o un deputato citare la dottrina sociale della Chiesa, il magistero di Papa Francesco, le parole dei fondatori cristiani dell'Italia repubblicana e dell'Europa. Molta attività sociale, esemplare, di associazioni cattoliche e parrocchie non diventa né cultura né politica.
Io non credo - al momento - che andrebbe meglio se avessimo in Italia un partito di "ispirazione cristiana". Il problema però c'è.
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