Terapia della bambola
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Matera, 16 luglio 2019

Terapie non farmacologiche per gli anziani affetti da demenza
Nel buio dell'Alzheimer
tenendo per mano una bambola

Non è un gioco da bambini; è ricerca delle forme di vita possibili nella longevità fragile

Caro Bedin,
ho seguito la sua attività come presidente di una grande struttura per anziani e per questo mi piace segnalarle la positiva esperienza che sto vivendo con mia madre affetta da Alzheimer: dico positiva nel contesto drammatico che la demenza senile crea per l'anziano, la famiglia e chi se ne prende cura. Nella casa di riposo in cui mia mamma è ospitata si sta provando a ridurre il trattamento farmacologico dei disturbi comportamentali delle ospiti affette da demenza con l'introduzione di terapie di relazione.
In particolare mia mamma è entrata in un gruppo al quale si applica la "terapia della bambola". Si utilizzano letteralmente le bambole, con caratteristiche specifiche che aiutano le persone anziane a creare una relazione affettiva con la bambola; questa relazione diventa terapeutica perché soddisfa il bisogno psicologico di attaccamento e perché può generare nuovamente sensazioni di protezione, fiducia, amore. Non ancora in mia mamma, ma in qualche altra anziana mi è parso di cogliere un sentimento di accudimento nei confronti della bambola.
Qualche familiare critica queste attività, perché gli pare che tendano a ridurre l'anziana alla dimensione di bambina, offendendone la dignità.
A me pare, invece, che siano terapie utili: utili alla persona affetta da Alzheimer che riesce a ricreare relazioni ed attenzioni, superando la prigione in cui la malattia mentale l'ha rinchiusa; utili anche ai familiari, che vedono confermata la loro speranza che stare vicini alla loro mamma affetta da demenza non sia proprio unitile e che comunque la vicinanza conservi una relazione, anche se non si riesce a coglierla.

Milvia Panizzoni

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Ho visto l'impotenza sofferente di figlie, figli e anche nipoti davanti alla mamma o alla nonna che la demenza trasforma in una "estranea". Ho ascoltato medici e psicologici che ancora non hanno risposte certe quando l'Alzheimer colpisce. Ne ho ricavato che è al momento la condizione che rende tragica la vecchiaia: è la tragedia di una persona "morta" nello spirito e "viva" nel fisico. Ricerca e assistenza hanno in questo momento il compito di dimostrare che anche lo spirito è ancora vivo. La "terapia della bambola", ci racconta questa figlia, lascia intravvedere questa possibilità.
Ho anche visto applicare con successo la "pet therapy", che fa interagire gli anziani con gli animali, in particolare con i cani appositamente preparati e guidati da volontari esperti: l'attesa per gli incontri cresceva con il progredire delle sedute terapeutiche e in alcuni casi si è arrivati al "riconoscimento reciproco" tra anziano e animale.
Certo anche i bambini giocano con i cani e le bambine giocano con le bambole. Questo però non è un gioco; è una delle forme di vita possibili in condizioni di demenza e se lo scopo finale di ogni servizio alla longevità deve essere quello di dare vita agli anni (e non solo anni alla vita), bambole e animali non ci fanno tornare bambini ma ci fanno da guida per il giorno dopo.

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19-di-07
17 luglio 2019
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Tino Bedin