Egregio senatore Bedin, anche se siamo nel cuore delle ferie (le scrivo proprio il giorno di Ferragosto) si intensificane le informazioni relative alla nostra economia e alla produzione nazionale. Ed è per dire bene dell'una e dell'altra. Il presidente del Consiglio in carica, Paolo Gentiloni è contento perché può mettere in cantiere una legge finanziaria con più sostegni alle persone. Il presidente del Consiglio bocciato a dicembre, Matteo Renzi, è contento perché dice che è merito suo…
E noi siamo contenti?
A me pare che sia una buona prospettiva quella che le stime sul Prodotto interno lordo ci offrono: segnalano una crescita che non si vedeva da tempo, siamo passati dalla crescita dello zero virgola ad una crescita a numeri interi, partecipiamo alla generale accelerazione della sona euro, anche se mediamente l'Eurozona corre ancora un po' più di noi.
A me pare anche che - al di là di tutto - non si possa non riconoscere che il governo sta facendo la sua parte sia nelle scelte interne sia contribuendo alle scelte europee. Gentiloni e i suoi ministri Padoan, Calenda e Martina offrono stabilità e visione soprattutto alle medie imprese, che sono le protagoniste di questo balzo in avanti imprevisto. È infatti particolarmente a queste aziende che va il merito di essere competitive a livello globale, così da continuare a conquistare nuovi spazi nel commercio mondiale. Quando dico "aziende", intendo certo imprenditori e manager, ma assieme a loro anche tutti i lavoratori che stanno partecipando ad una sfida di innovazione e di riorganizzazione, accettando in molte occasioni di restare fermi con lo stipendio pur producendo di più.
Questa competitività dell'intero nostro sistema produttivo, oltre che produrre effetti positivi già oggi, mi pare sia anche una base solida per continuare a fare dell'Italia una economia manifatturiera per il futuro.
Commenta Tino Bedin
Sono d'accordo con le sue osservazioni e le sue speranze; anche sul buon lavoro del presidente Gentiloni e dei suoi ministri. Per completare i tempi su cui discutere e - per quanto possibile - agire politicamente, aggiungo due osservazioni.
Le esportazioni sono necessarie per la stabilizzazione della manifattura italiana. Sono la prova della capacità italiana di stare in un'economia aperta e globale. Non sono però sufficienti ad assicurarci sul "benessere" di oggi e domani della nostra società. Già oggi la crescita del prodotto interno lordo quasi esclusivamente prodotta dalle esportazioni, segnala che la capacità di spesa degli italiani (famiglie, imprese) è ferma.
Ci sono meno soldi in giro. Nel mio Veneto è ancora da misurare nei suoi effetti di medio termine il doppio fallimento della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca.
C'è poca voglia di spendere. L'altro ieri sono stati diffusi questi dati: negli ultimi 12 mesi i risparmi delle famiglie italiane in banca sono aumentati di 26 miliardi e quelli delle imprese di oltre 21 miliardi. Insomma le famiglie non investono, le famiglie non spendono.
La crisi degli ultimi dieci anni ha certo resi tutti più prudenti. Ma a fare paura non è il passato, è il futuro. Ed è la seconda osservazione aggiuntiva. Il futuro appare ancora senza lavoro. All'aumento del prodotto interno lordo e della produttività non sta corrispondendo un recupero dell'occupazione: si produce meglio e di più utilizzando l'automazione e una diversa organizzazione, non con nuovi occupati.
|