Aperture festive
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Varese, 20 aprile 2017

"Negozi sempre aperti": ci fu una larga maggioranza parlamentare
I bambini rischiano di crescere
senza il senso della festa

Dopo cinque anni sono ormai chiari i limiti del decreto "Salva Italia"


Egregio senatore Bedin, ho letto il suo commento alle aperture dei centri commerciali anche nel giorno di Pasqua; condivido le sue osservazioni critiche, ma non dimentico che la liberalizzazione degli orari dei negozi è stata decisa dal governo di Mario Monti nel 2011 con il decreto "Salva Italia", votato dal Parlamento a larga maggioranza, compresa la forza politica cui lei appartiene. Era già evidente fin da allora che si sarebbero create grosse difficoltà alle parti deboli che lei giustamente richiama nel suo commento: i lavoratori e i negozi a conduzione familiare; eppure si è insistito a percorrere quella strada, facendo immaginare chissà quale ripresa dei consumi. Allora come ora si dovevano e si devono cercare soluzioni per aumentare il reddito delle famiglie, non le occasioni di acquisto.
Ma il danno non è ricaduto solo sulle vittime della libertà economica. Si è provocato e si provoca un danno all'insieme della comunità.
Mi sembrano al riguardo molto appropriate le osservazioni di mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura della diocesi di Milano: "Il rischio è che si faccia un passo indietro nella costruzione del legame che tiene insieme la società. Ciò che sta a cuore alla Chiesa non è semplicemente il fatto che i lavoratori non abbiano poi la possibilità di santificare la festa, quanto che non la vivano più. Che la famiglia non veda più, ad esempio, le madri se sono commesse nei negozi". Un'assenza che "toglie la possibilità a quel nucleo di vivere un momento che lo ricarica". La festa permette alla famiglia "di non cadere nella sola dimensione produttiva ma di riconoscere il valore simbolico del legame". I bambini "imparano proprio da genitori e nonni cos'è la festa e cosa significa cercare il senso della vita". E se "sprechiamo quelle occasioni, non priviamo semplicemente i bambini di una presenza", ma rendiamo più difficile per loro "interiorizzare un codice di vita". E così, il problema del lavoro a Pasqua "per noi è serissimo". Non è semplicemente "trasformare un giorno festivo in giorno lavorativo", ma è anche una pratica che "indebolisce la società e la cultura".

Ettore Bevilacqua

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Molte delle misure adottate dal governo Monti e approvate dal Parlamento rispondevano ad esigenze di urgenza, che non ha consentito in quel momento di analizzare tutti gli effetti collaterali. Basti pensare agli "esodati" prodotti dalla riforma delle pensioni. Certo non è una giustificazione: le leggi devono essere scritte per durare e pensate per bilanciare pesi e vantaggi. Proprio l'origine di quella "liberalizzazione" rende ancora più attuale oggi il tentativo di una revisione legislativa della materia che tenga conto di cinque anni di applicazione.
Oggi è chiaro che l'apertura festiva dei negozi non ha prodotto nessun aumento di vendite, anzi proprio in questo quinquennio i consumi sono calati di 80 miliardi, ha detto in questi giorni Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, cioè della categoria che difende le aperture festive.
È anche chiaro il danno che una parte rilevante di attori del comparto sta subendo.
Lei, caro Bevilacqua, fa bene a citare anche i danni alla comunità. Ai lei e ai lettori di Euganeo.it propongo anch'io una citazione: è di mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e presidente della Conferenza episcopale piemontese.
"Un conto sono i lavori svolti per i servizi essenziali come chi opera negli ospedali o garantisce i trasporti, ma la domenica e nei giorni di festa più importanti, in cui si esprimono forti valori familiari, non è certo necessario andare a fare la spesa. (…) Il problema centrale è che si pone il primato dei soldi, mentre i valori umani, familiari e sociali non vengono considerati un profitto, come invece dovrebbero. Ed è proprio questa cultura che mette al centro il profitto e non l'individuo e il bene comune che ci ha portati alla grande crisi che stiamo vivendo".

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17-di-013
9 giugno 2017
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Tino Bedin