Nel Vangelo di domenica scorsa, il Signore Gesù dà un segno grande, ma non riesce a darne un altro: cura un cieco nato, ma non vince la sordità e durezza del cuore di chi non vuol vedere cammini di vita.
La visita di Papa Francesco a San Vittore rilegge questo Vangelo in chiave attuale. Vi racconto come è andata.
Passando tra le corsie del carcere, Francesco guardò negli occhi uno dei prigionieri.
Le guardie (ed anche qualche prete) gli chiesero: "Chi ha peccato, lui o le sue compagnie, perché si trovi ora agli arresti?".
"Non mi interessa. -rispose il Papa- Cerco uomini, non colpevoli".
Si avvicinò, lo abbracciò e gli disse: "Torna alla tua comunità: abbiamo preparato un altro modo perché tu possa rivedere la tua vita, chieda e trovi perdono, ripari il male che hai provocato…".
Il prigioniero tornò alla comunità. Era una piccola comunità, e se sentì accolto. Non abbassava più la testa, guardava la gente negli occhi. Non voleva cancellare il passato, ma finalmente guardava al futuro.
Però alcuni che lo avevano visto in carcere esclamarono: "Non è lui quello che abbiamo sbattuto dentro per liberarcene?".
"Sì!" -rispondevano gli uni- "Non so, -dicevano altri- sono così tanti, tutti uguali, con lo stesso passato e senza futuro…".
Ma lui diceva: "Sono io! Ce l'ho fatta!".
"Ma come hai fatto?".
"Un uomo mi ha dato fiducia".
Allora chiamarono i politici di quella città. Dissero: "La nostra città non ha le condizioni per accoglierti. Chiamiamo la tua famiglia…".
Chiesero loro: "Perché lui è così? Perché non lo curate voi?".
"É nostro figlio, -risposero i famigliari- ma è già nato così: ribelle, senza rispetto… Non vogliamo curarlo noi; ha già l'età, si curi da solo!".
Lo cacciarono, allora, e non si fidavano di tenerlo in città.
Alla periferia, Papa Francesco lo incontrò di nuovo e gli chiese:
"Tu credi nel Dio Umano?".
"Finora ho conosciuto un Dio distante, che si vendica, che minaccia, pieno di regole…".
"Nella piccola comunità che ti aveva accolto vive un Dio Umano" - commentò il Papa.
"Credo in lui, Francesco!".
E tornarono insieme a casa…
Padre Dario Bossi comboniano
Commenta Tino Bedin
Nelle trasferte di Papa Francesco nelle diocesi italiane o durante i viaggi internazionali la visita al carcere è quasi una tappa obbligatoria: a Poggioreale a Napoli o a Castrovillari in Calabria, come a Palmasola in Bolivia, Ciudad Juàrez in Messico o nella "Casa Correccional Buen Pastor", istituto penitenziario femminile in Paraguay. "Ero carcerato e tu sei venuto a visitarmi", ha citato il Papa nel saluto introduttivo al carcere di San Vittore. E la citazione spiega tutto.
Al bel racconto di padre Bossi, si affianca molto bene la cronaca della visita, che riporto utilizzando le parole di Gloria Manzelli, che dirige il carcere di San Vittore.
"Uno per uno. Non ne ha saltato uno. Avrà stretto mille mani. Non per dire: tra detenuti e agenti e operatori almeno mille, sul serio. Non ne ha saltato uno solo. È stata una emozione fortissima. Non dimenticherò mai che cosa è stato". "Tre detenuti, due uomini e una donna, gli hanno letto le cose che avevano preparato a nome di tutti e a un certo punto hanno detto 'Preghi per noi e noi pregheremo per lei'. È stata una frase molto forte. Il carcere purtroppo è un posto in cui si è portati a chiedere più che a offrire. Ma qui loro gli hanno offerto la cosa più profonda, personale e a mio avviso sincera che avevano. Il Papa li ha ringraziati tanto per questo".
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