Caro senatore Bedin,
questa settimana l'Istat ha diffuso alcuni dati riguardo alla natalità e alla demografia della popolazione italiana: sono dati allarmanti, ripresi dagli organi di informazione il giorno dopo la pubblicazione ma subito scomparsi. Eppure la "notizia" continua ed è di lunga durata. Bastano a preoccuparci due numeri: nel 2016 in Italia ci sono state 476 mila nascite, il numero più basso dall'Unità d'Italia ad oggi. La percentuale di italiani con oltre sessant'anni ha raggiunto a quota 28 per cento quella degli italiani tra i 15 e i 39 anni ed è abbastanza prevedibile che nel 2017 ci sarà il sorpasso dei primi sui secondi.
Se l'informazione non ne parla, a mio parere, è anche perché gli italiani non danno proprio l'impressione di preoccuparsene: sono così presi dai rischi dell'invasione (di stranieri) che non percepiscono i rischi della consumazione (di nativi). Come l'informazione, anche i partiti si adeguano al sentire degli italiani e non studiano soluzioni. Il governo Renzi, a dire il vero, ha tentato di "avvertire" l'opinione pubblica con il "bonus bebè" e anche con una campagna di informazione sull'argomento, che ha fatto però polemizzare sulla forma invece che discutere sulla sostanza.
Io non ho certo le soluzioni, ma dovrebbero essercene: ho letto infatti che in numero di nascite da donne francesi è il doppio che in Italia, mentre la popolazione dei due stati è simile.
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Lei ha ragione a richiamare il tema demografico, che è cruciale per l'evoluzione della nosyra società da molti punti di vista. Non si tratta solo di sostenibilità del sistema economico e previdenziali, è la natura stessa di una comunità che cambia se ad essere "minoranza" sono i giovani invece che i vecchi. Pensi, ad esempio, a come possono cambiare (e sono già cambiati) gli orientamenti elettorali: il voto esprime sempre più frequentemente paura invece che speranza ed è inevitabile perché i vecchi hanno meno futuro davanti e quindi sono meno disponibili al rischio.
Si sta vivendo il paradosso che il miglioramento della qualità della salute e dell'aspettativa di vita diventa un problema perché non ci sono bambini a bilanciare noi che siamo gli ex "baby boomer" del miracolo economico. Abbiamo fatto un "boom" da bambini, lo stiamo ripetendo ad anziani, visto che gli ultrasessantacinquenni sono 13 milioni e mezzo. Quando noi eravamo bambini una comunità di genitori giovani ha spinto le istituzioni a costruire le condizioni perché potessimo crescere. Oggi dovrebbero essere i nonni che spingono la politica a curarsi dei bambini.
A curarsene con prospettive di lungo periodico. Certo il "bonus bebè" del Governo Renzi è utile e va dato atto dell'iniziativa. Ma è l'idea del "bonus" che è fuori luogo in questa materia. Le istituzioni - e in materia le competenze regionali sono almeno altrettanto decisive di quelle statali - devono stringere un patto di lunga durata con le giovani coppie, in particolare con le donne giovani. Un patto che riguarda prima di tutto il reddito, al quale va assicurata stabilità per entrambi i genitori, cioè anche per il lavoro della donna. A partire dal diritto al lavoro, seguiranno servizi ed organizzazione sociale.
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