VENEZIA - Con questa lettera aperta, mi rivolgo a Luca Zaia, presidente della Regione. Gentile presidente, abbiamo appreso con stupore misto a sconcerto dell'adozione da parte della Regione Veneto di una norma che individua criteri di preferenza per la graduatoria delle scuole materne dei figli di chi risiede in Veneto da almeno 15 anni. Una disposizione che pare sostenuta più da ragioni identitarie e/o ideologiche che dai risultati in concreto attesi.
Di certo per la categoria che rappresentiamo si tratta di una disposizione ingiustamente penalizzante. Le norme per l'assunzione nelle Forze di polizia prevedono infatti che al termine del corso di formazione gli agenti di nuova nomina non possano essere assegnati nelle province di origine e in quelle che con esse confinano per almeno quattro anni. Conseguentemente, come dimostrano le assegnazioni degli ultimi anni, quasi tutti i nuovi poliziotti originari dal Veneto - e lo stesso vale per i Carabinieri e per gli altri corpi - vengono assegnati al di fuori della loro regione. Quanti riusciranno ad essere trasferiti dopo quattro o cinque anni, si troveranno così equiparati a dei forestieri, e non potranno beneficiare della priorità per l'accesso alle graduatorie.
Chiarito che il controverso provvedimento colpisce anche i cittadini veneti - se mai di cittadinanza veneta sia lecito discutere - ci chiediamo per quale ragione debbano essere penalizzati anche tutti gli altri appartenenti alle forze dell'ordine e i militari che - non certo per scelta - vengono destinati in Veneto. Segnaliamo che, proprio perché provengono da contesti territoriali a noi non prossimi, si trovano nella condizione di non avere familiari che possono aiutarli nella gestione dei figli. E quindi sarebbero quelli che, più di ogni altro, avrebbero bisogno di poter avere asili disponibili per i loro figli.
Si tratta di considerazioni fatte proprie anche da autorevoli esponenti che sostengono la maggioranza - su tutti il vice presidente del consiglio regionale - e che, proprio per le stigmatizzate ricadute, al momento del voto hanno scelto di astenersi. A margine è appena il caso di osservare che questi nostri colleghi pagano - e non mi pare secondario - regolarmente tributi trattenuti alla fonte che alimentano le casse delle amministrazioni territoriali, compresa la Regione.
Non sappiamo che tipo di analisi e di valutazioni siano state fatte nel percorso legislativo. Ci pare però che se si pensa di rispondere ad esigenze sociali, quali quelle del sostegno alla genitorialità, la prospettiva ideologica non sia quella più opportuna. Potremmo a questo punto attendere che, a seguito delle preannunciate impugnazioni, la legge sia assoggettata al vaglio di legittimità, augurandoci - non ce ne voglia - che la competente istanza giurisdizionale la censuri. Tuttavia, anche per la consapevolezza che i tempi della giustizia sono incompatibili con la soddisfazione delle esigenze degli interessati, nelle more della decisione riteniamo di sollecitare una modifica e/o un'integrazione della disposizione che possa rimuovere le distonie rappresentate.
Restiamo ovviamente a disposizione per gli eventuali chiarimenti.
Silvano Filippi Segretario regionale di Siulp Veneto
Commenta Tino Bedin
La definizione dei criteri per accedere agli asili nido è un tema complicato. Lo dimostra la varietà dei regolamenti che i singoli comuni si sono via via dati nel corso degli anni. Ci sono comuni che danno la precedenza ai figli di genitori che hanno entrambi un lavoro a tempo pieno, quindi famiglie che hanno un reddito più alto, rispetto a disoccupati e casalinghe sono fortemente penalizzati. Altri comuni tendono a favorire chi ha il reddito più basso o i figli di un solo genitore. Quasi tutti comunque - attraverso i criteri di accesso o attraverso la modulazione delle rette - di fatto danno la precedenza ai propri residenti.
La precedenza accordata agli immigrati, che in genere hanno un reddito più basso degli italiani, non è quindi né generale né prevalente.
Il presidente del Veneto Luca Zaia e la sua maggioranza leghista con questa legge non hanno risposto ad un bisogno, ma lisciato il pelo ad una paura; tra l'altro riducendo l'autonomia dei consigli comunali.
Quando si ha come fine la propaganda e non la legislazione, non si sta molto attenti ai risultati delle norme. Succede così che la legge del Veneto colpisca, con la richiesta di un esorbitante numero di anni di permanenza regione, le coppie più giovani, sicuramente più deboli di quelle più mature e in molti casi con un lavoro meno stabile (e quindi costrette a spostarsi) e meno remunerativo. Succede così che si colpiscano - come spiega bene questa lettera aperta - le famiglie di poliziotti, carabinieri, che per regolamento sono soggetti a cambiamento di residenza. E che dire degli insegnanti, interessati proprio nel periodo in cui i leghisti veneti votavano la loro legge a trasferimenti da una parte all'altra dell'Italia?
Il consigliere regionale Claudio Sinigaglia (Partito Democratico) ha inutilmente messo in guardia da "un'altra legge ultraleghista e fortemente ideologica che incide sull'autonomia dei Comuni e impedirà di fare graduatorie rispettose dei bisogni reali, siamo molto preoccupati per gli effetti negativi che produrrà, dalla minor attrattività del Veneto per le giovani coppie all'esclusione di tante famiglie vulnerabili".
Poi c'è l'aspetto anticostituzionale della discriminazione. Per fortuna, infatti, non c'è la repubblica del Veneto è probabile che questa normativa sarà dichiarata incostituzionale dalla Corte. Luca Zaia e i suoi leghisti saranno costretti ad una marcia indietro, ma la propaganda che volevano fare - a spese dei cittadini e delle istituzioni - sarà stata raggiunta.
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