Caro Tino,
ho letto questa settimana che nella annuale classifica dedicata alle professioni negli Stati Uniti quella del giornalista è considerata l'occupazione peggiore. Chi lavora per la carta stampata ha "poche prospettive di lavoro, bassi salari e lavora in un settore caratterizzato negli ultimi anni dai licenziamenti". La retribuzione media indicata nella classifica è di 37 mila dollari e le prospettive di crescita sono addirittura sotto lo zero: - 0.9 per cento. Insomma i giornalisti statunitensi sono destinati a scende ancora nella scala delle professioni, tanto che se la passano meglio i pompieri, i commercianti e i tassisti, costretti a pericolosi turni di lavoro anche di notte.
Si spiega che la classifica è stata stilata considerando parametri come l'ambiente di lavoro, il livello di stress, la richiesta e la possibilità di essere assunti, oltre al guadagno medio.
Ho l'impressione che in Italia invece il giornalista sia ancora un mestiere molto ricercato.
Commenta Tino Bedin
Forse è ancora un mestiere ricercato, ma certo la gran parte dei giornalisti italiani si sognano uno stipendo di 37 mila dollari l'anno. Non parlo dei giornalisti che stanno nelle redazioni, ma alla stragrande maggioranza dei collaboratori e dei corrispondenti, che riempiono buona parte delle pagine dei giornali e che hanno compensi bassissimi. La questione non riguarda solo la loro condizione di vita, ma anche i lettori e quindi anche i cittadini: un'informazione retribuita poco sarà quasi inevitabilmente meno approfondita.
E poi in Italia - ma non solo - ci sono i pericoli cui i giornalisti e in special modo quelli di provincia sono sottoposti. Lo ha documentato nelle scorse settimanale uno speciale comitato della Commissione parlamentare Antimafia presieduto dall'on. Fava. Ti riassumo, caro Nicolino, alcuni dati.
Ogni anno in Italia circa 300 giornalisti subiscono intimidazioni ed attacchi, e il numero è in crescita. Da qualche anno a questa parte è aumentato il numero dei giornalisti a cui lo Stato garantisce una scorta, volta a tutelare la loro incolumità. La maggior parte dei tentativi di intimidazione avviene in provincia al di fuori del palcoscenico nazionale. Spesso i bersagli sono piccole testate giornalistiche, radio o canali televisivi di piccole dimensioni. Ad essere particolarmente in pericolo sono i giornalisti freelance (proprio quelli pagati poco), i quali in casi di vertenze legali vedono messa in gioco la loro stessa sopravvivenza finanziaria. Un carente pluralismo nel panorama mediatico di determinate regioni va a vantaggio delle mafie. Le mafie hanno capito che i media sono un importante strumento di potere e per questo cercano di influenzarli a proprio vantaggio o addirittura di impossessarsene.
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