È assolutamente necessario ritrovare lo spirito e l'anima europei. Che purtroppo non sono più riconoscibili oggi da chi guarda la quantità di recinti, fili spinati e muri che dividono gli Stati europei, membri dell'Unione europea, e da chi guarda i campi profughi al confine con la Macedonia.
Per quello che riguarda la questione immigrazione due sono i temi: l'accordo con la Turchia e la soluzione che così si dà al flusso migratorio che proviene da quella parte del mondo, e il problema migratorio nel suo complesso.
L'una, quella del flusso migratorio, è contingente e frutto anche degli errori dell'Europa; l'altra è certamente di più ampio respiro e di maggiore complessità storica. Partiamo da un'affermazione semplice: oggi dobbiamo fare l'accordo con l'Europa perché si sono chiuse le rotte balcaniche e le frontiere dei Paesi europei, e perché l'Europa non è più l'Europa di Schengen, altrimenti non avremmo il bisogno di ricorrere alla Turchia, che è un Paese che non garantisce quelle condizioni di sicurezza necessarie per affrontare questo impegno.
Questo significa che ciò che dobbiamo chiedere al tavolo del Consiglio europeo è che la Turchia garantisca quelle condizioni. Questo mi pare il senso dell'intervento del Presidente del Consiglio, quando afferma che non faremo l'accordo a tutti i costi e non permetteremo che questo accordo cancelli e calpesti i valori e i principi dell'Europa.
C'è poi un tema di fondo che riguarda la grande questione africana che va affrontata a partire dall'analisi delle condizioni di quei Paesi, degli interessi economici europei in quei Paesi, per capire quanto in termini di ricchezza vi portino e quanto cannibalizzino le risorse. Qualcuno crede davvero che il fenomeno migratorio si possa fermare con il filo spinato? Per questo trovo corretto il modo in cui, in questi mesi, il nostro governo ha impostato in Europa la questione immigrazione: non stanno cambiando i tempi, sta cambiando un'epoca e il nostro continente deve essere all'altezza del suo nome.
Anna Finocchiaro senatrice del Partito Democratico
Commenta Tino Bedin
Il governo italiano sta facendo la sua parte nella nuova e duratura situazione delle migrazioni di massa, con due limiti, uno interno, uno europeo.
Sul piano interno, quello che dice rivolgendosi all'Europa, il nostro presidente del Consiglio non lo ripete direttamente anche agli italiani. L'altro ieri Matteo Renzi ha rimproverato: "L'Europa va su Marte ma si ferma a Idomeni", il villaggio greco ai confini con la Macedonia dove sono bloccati migliaia di profughi. Tempestivi rimproveri del governo nei confronti di sindaci e regioni italiani non si sentono così chiari.
Sul piano europeo, Matteo Renzi non fa coppia con Angela Merkel che da me si rifiuta di affrontare con la tattica del catenaccio la partita profugato, anzi è l'unica che prova a giocare in attacco, cioè guardando avanti. Domenica scorsa il partito di Angela Merkel è stato sconfitto in tre elezioni regionali, ma la cancelliera non rinuncia alla sua politica: davanti al suo parlamento ha ribadito che per un'Unione fatta di 28 paesi membri e 500 milioni di cittadini non fa onore la lentezza nella ricerca di una soluzione ai profughi; anzi questa lentezza "è una macchia" per tutti. Ecco il punto: se si rinuncia a dare soluzioni ai rifugiati non solo non si salva comunque la tranquillità, ma si perde l'Europa.
Bisogna cominciare a mettere gli italiani di fronte a questo bivio, come giustamente fa Anna Finocchiaro.
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