Sistema sanitario veneto
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Padova, 3 gennaio 2016

Definitivamente esautorati i comuni
La salute dei veneti diventa burocrazia regionale
Negli anni Settanta un altro modello politico

La nomina di nove direttori per le Ulss del Veneto (siamo quasi tornati alle province), induce a qualche amara considerazione di ordine "storico", ma anche sociale e politico, specialmente in chi ha conosciuto e ora ricorda le vicende sociosanitarie nella nostra (e non solo) regione.
L'idea base agli inizi degli anni '70 era quella dell'unità dei servizi sociali e dei servizi sanitari come riferimento all'unità delle persone alle quali i servizi erano dedicati come tutela della salute (prevenzione) prima che cura della malattia. Strumento di questa politica, allora innovatrice, doveva essere la collaborazione tra i comuni, raggruppati in "comprensori", zone omogenee dal punto di vista sociale, economico e territoriale, che allora potevano mirare a prendere il posto delle province, evitando le polemiche dei nostri giorni. Unità, dunque, sotto diversi aspetti, gestione democratica dei servizi affidata ai comuni con potenziamento delle autonomie locali, controllo da parte di cittadini utenti.
La nuova organizzazione dei servizi fu allora approvata dal consiglio regionale con legge preceduta (udite, udite!) dalla consultazione, provincia per provincia, di tutti i comuni del Veneto.
La nuova prospettiva, sperimentata in varie regioni (non nella Lombardia), venne poi codificata nella riforma sanitaria promossa da una ministra veneta, Tina Anselmi, e collaudata da vari riscontri nel territorio nazionale. Le vicende successive sono note: la riforma fu variamente interpretata secondo gli orientamenti politici dei vari governi, ma il servizio socio-sanitario nazionale è stato un modello anche fuori dei confini nazionale.
Adesso la Regione per la programmazione, per la legislazione, per gli orientamenti politici si trasforma in struttura burocratica per la gestione diretta dei servizi alla persona.

Antonio Prezioso

Commenta Tino Bedin

Invito a leggere le osservazioni di Antonio Prezioso per tentare di recuperare non tanto un modello organizzativo, quanto uno stile politico di cui il Veneto leghista ha perso ogni traccia: partire dalle persone, dall'idea che le persone hanno di sé e del loro essere in comunità, per scrivere le leggi e sulla base delle leggi organizzare i servizi. Oggi avviene prevalentemente il contrario: si progettano i servizi, si scrivono le leggi su misura dell'organizzazione e le persone si adattano.
È una procedura che - come quella opposta degli anni Settanta - è ormai diventata costume nazionale. La responsabilità è indubbiamente del modo prevalente di fare politica, ma anche i cittadini hanno accettato che questo avvenisse.

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15 gennaio 2016
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Tino Bedin