Sorelle e fratelli carissimi,
il Santo Padre Francesco, imprevedibilmente come sempre, ha scelto di inviarmi da voi come Vescovo. Penso si sia attenuto alla sua sensibilità di scegliere gli ultimi. Vengo tra voi con la consapevolezza di non essere all'altezza del Ministero episcopale e di una Diocesi bella e grande come quella di Padova. Spero che questo sentimento umano di preoccupazione, che immagino comprendiate, possa trasformarsi in umiltà cristiana, in invocazione di sostegno ed aiuto rivolto a Dio e a ciascuno di voi.
Mi stanno accompagnando le parole di Gesù che dalla Croce dice: "Donna, ecco tuo Figlio".
Accoglietemi come un figlio che vi viene consegnato da Gesù. So che il Signore mi vuole bene e si preoccupa per me. E per questo mi affida alla Chiesa di Padova, come un figlio a una Madre. Vi prego di accogliermi nella vostra vita, nella vostra gloriosa storia, nella comunione dei vostri santi.
Busso alla vostra porta da povero: non ho pretese.
E al discepolo Gesù dice: "Ecco tua Madre!". Invoco dal Signore la capacità di rispettare tutti e di servirvi nelle vostre necessità. Sarò Vescovo per la vostra crescita spirituale, per servire la vostra gioia, per dare armonia ai vostri carismi.
Il Vangelo dice: "Da quel momento la prese nella sua casa". Discepolo e madre vivono insieme, nella stessa casa e diventano un "noi": pranzano, si affaticano, gioiscono e piangono insieme: faremo così anche noi! Ascolteremo insieme il Vangelo e i poveri, ci aiuteremo reciprocamente, con generosità; serviremo insieme la gente che abita accanto a noi, spesso troppo affaticata; collaboreremo onestamente con le istituzioni sociali e civili e con tutti gli uomini e le donne che cercano il bene, l'amicizia, la giustizia e la pace. Insieme: cammineremo insieme!
Sarà mio compito di Vescovo essere attento a chi ha il passo più debole e a non dimenticare gli ultimi, come ci insegna Gesù nel Vangelo e come ci testimonia Papa Francesco.
Un abbraccio, sincero, affettuoso, colmo di speranza a tutti i parroci e a tutti i presbiteri e diaconi della diocesi: con loro soprattutto voglio abitare perché conosco bene la bellezza della vocazione pastorale, ma conosco anche le fatiche della quotidianità. Spero di poter sostenere, con vera dedizione paterna, il nostro seminario.
Un saluto alle persone di vita consacrata che, con la preghiera e con la testimonianza di una vita totalmente ed esclusivamente dedicata a Dio, richiamano ognuno di noi alla radicalità della vocazione battesimale e il primato del Regno dei cieli.
Carissimi sorelle e fratelli nel sacerdozio battesimale, mi impegno ad essere tra voi come colui che dà coraggio, che rialza, che conduce da Gesù. E questo sarà il mio motto episcopale: "Coraggio, alzati, ti chiama". È la misericordia di Gesù che sa percepire le grida dei poveri. Io mi riconosco, al vostro fianco, nei discepoli che hanno il compito di portare la misericordia di Gesù al cieco, seduto lungo la strada a mendicare e di portare Bartimeo all'incontro liberante con Gesù.
Esprimendogli la vostra riconoscenza domando in particolare la benedizione del Vescovo Antonio. Pregate fin da ora per me. Chiedete anche l'intercessione dei santi che imparerò a conoscere e a sentire come fratelli e che fanno parte della "nostra" Chiesa: Prosdocimo, Giustina, Gregorio Barbarigo, Pio X, Leopoldo, Antonio e tutti i Santi e Beati della Chiesa di Padova.
Il Signore volga il suo sguardo su di noi, ci benedica e ci doni la sua pace.
Commenta Tino Bedin
È indirizzata anche a me, questa prima lettera di don Claudio Cipolla, il mio prossimo vescovo, che comincia con la richiesta di sostegno e aiuto "a ciascuno" di noi padovani. Lui ci promette di fare la sua parte e perché sia chiaro qual è il ruolo che gli sembra più utile a tutti ce lo segnala con il motto episcopale che ha scelto: "Coraggio, alzati, ti chiama". Il vescovo è l'ambasciatore della "misericordia di Gesù al cieco, seduto lungo la strada a mendicare"; non agisce in prima persona ma per conto del Signore. Di suo ci mette l'invito al coraggio: il coraggio di credere nel cambiamento.
Don Claudio succede a mons. Antonio Mattiazzo.
Tutti e due non avevano mai guidato una diocesi prima di arrivare a Padova. Tutti e due hanno cominciato con i poveri.
Ventisei anni fa, non ancora cinquantenne, mons. Mattiazzo tornava nella sua terra provenendo dal Burkina Faso, allora uno dei paesi più poveri della terra, dove era nunzio e ai padovani allora più ricchi di oggi si premurò - anche ruvidamente - di mostrare la povertà estrema.
Ora don Claudio Cipolla ci fa fare un passo ulteriore: è lui il povero. "Busso alla vostra porta da povero: non ho pretese". L'identificazione esistenziale si rafforza nell'identificazione cristiana: la Rivelazione e i poveri sono le fonti della fede. "Ascolteremo insieme il Vangelo e i poveri".
Già questa continuità tra i due vescovi di Padova racconta che la scelta di Papa Francesco di inviarci don Claudio è avvenuta "imprevedibilmente" (come dice lo stesso nuovo vescovo) ma certo "intelligentemente", cioè con la capacità di leggere dentro la storia della Chiesa padovana e di contribuire a scriverne il futuro.
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