Eliminare le tante differenze fra Europa ed America è impresa improba. Ci stanno provando con il Transatlantic Trade and Investiment Partnership (T-TIP), l'ipotesi di accordo commerciale che Unione Europea e Stati Uniti d'America stanno negoziando per promuovere commercio ed investimenti fra le due sponde dell'Atlantico.
La differenza più percepita dall'opinione pubblica è in materia di sicurezza alimentare perché concettualmente USA ed UE, pur perseguendo gli stessi obiettivi, hanno adottato due approcci diversi: mentre l'Europa controlla ed ha normato i processi con cui, ad esempio, si allevano gli animali, si coltivano i campi e si confezionano i prodotti alimentari, puntando sulla tracciabilità; negli USA il focus è stato posto sul prodotto finito.
Inoltre l'Europa ha adottato il principio di precauzione ("l'assenza della prova di un rischio non è prova dell'assenza dello stesso") che in parole povere significa che anche in assenza di dimostrazioni scientifiche, è possibile vietare l'uso di una sostanza o di una tecnica produttiva se sussistono dubbi al riguardo. Del resto la storia insegna che l'evidenza scientifica dei danni derivanti da una sostanza quasi sempre arriva dopo il suo utilizzo.
Negli USA non si condivide questa scelta e nel passato si è scelto un approccio market-oriented in cui la gestione del rischio alimentare ricade esclusivamente sui privati: sono le imprese e i consumatori a dover dimostrare se una sostanza è dannosa.
Questo discorso merita una riflessione. Si pretende dalla scienza una valutazione del rischio, fatta in tempi rapidi, che è utopica. La complessità di analisi che le scienze attuali affrontano danno sempre più spesso origine ad una molteplicità di risultati e di visioni alternative che pretendono di spiegare l'oggetto di studio. La scienza non ha certezze da offrire, quindi la gestione del rischio è ambito della politica, questo è il vero problema e la soluzione di affidare questa valutazione a un qualsiasi organismo scientifico è illusoria.
"In presenza di esternalità negative difficilmente quantificabili e di rischi futuri ignoti, sarebbero necessarie nuove regole", che tengano in considerazione quei valori comuni, anche se privi di valore economico, che fondano la convivenza umana.
Nei negoziati T-TIP si sta ignorando tutto questo.
Roberto Meregalli Beati i costruttori di pace
Commenta Tino Bedin
Ho evidenziato questa parte della riflessione di Roberto Meregalli sull'ipotesi di Trattato transatlantico (la prima parte è stata pubblicata il 26 marzo) perché tocca un tema concreto e può aiutare i cittadini a prendere consapevolezza dell'importanza della trattativa e a pretendere la trasparenza nel dibattito e un costante aggiornamento da parte del governo italiano.
Il Parlamento europeo sta in parte provvedendo a questa trasparenza, visto che segue istituzionalmente l'evoluzione del confronto. Conforta leggere le dichiarazioni di Giovanni Pittella, esponente del Partito Democratico a Bruxelles e presidente del gruppo Socialisti e Democratici al Parlamento europeo: "Non vogliamo solo un accordo di libero scambio con gli Usa, ma un accordo giusto". Per esempio va bene l'eliminazione delle doppie certificazioni che ostacolano le nostre piccole e medie imprese. Però, ci "sono linee rosse che non possiamo superare". Per questo ha ribadito il "no alla carne agli ormoni nei nostri piatti, no agli organismi geneticamente modificati, no alla riduzione degli standard di sicurezza dei consumatori e delle condizioni dei lavoratori, no all'esclusione dall'accordo delle norme sulla protezione dei dati".
Giovanni Pittella rappresenta ovviamente l'intero gruppo S&D europeo: quindi tiene conto della linea espressamente indicata dai socialisti francesi e dai socialdemocratici tedeschi. I democratici italiani sembrano preventivamente orientati a favore del Trattato, invocandone quasi esclusivamente gli evidenti vantaggi. La più grossa (e giusta) battaglia è sulle denominazioni di origine dei nostri prodotti agroalimentari. Forse un approccio globale alla materia appare ancora più utile all'Italia (e all'Europa) in modo da coinvolgere e rappresentare le opinioni pubbliche. Inoltre sarebbe preferibile un atteggiamento più "laico" sulla bontà intrinseca del trattato. È l'atteggiamento di Paolo De Castro, nominato relatore permanente dell`Europarlamento per il settore agroalimentare nel negoziato T-Tip: "L`Europarlamento, come il Congresso americano, esprimerà un voto alla fine del negoziato. Se il risultato non convince gli eurodeputati il voto sarà negativo e il trattato non si farà".
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