Caro senatore Bedin,
la drammatica normalità di migliaia di persone che senza sosta cercano un approdo sulle coste europee (quasi sempre quelle italiane) sono una delle conseguenze di un mondo sempre più interconnesso, complesso e in movimento. Non è la sola, ma è forse quella che l'opinione pubblica coglie visivamente. Paradossalmente proprio questa migrazione conferma come il mondo interconnesso sia sempre meno eurocentrico. L'Europa infatti non riesce a governare questo processo globale. Ho l'impressione che non ci riesca non perché sia impossibile, ma perché non si sente più protagonista. È come se l'Europa fosse invecchiata, così compressa dai propri acciacchi che non ha né tempo né voglia né inventiva per guardare fuori da sé e soprattutto assumersi responsabilità globali.
Anche al proprio interno mi pare di cogliere questo atteggiamento. L'evoluzione politica in Grecia è certamente una sfida, ma c'è anche da dire che con la vittoria della sinistra si è scongiurata l'avanzata di un movimento neonazista, assai più pericoloso, perché - questo sì - antagonista all'idea stessa di Europa. Una comunità giovane e vivace accetterebbe la sfida invece di fare il broncio.
Per la sua esperienza europea, caro senatore Bedin, non le pare che abbia ragione Papa Francesco che nella visita di novembre alle istituzioni europee ha rivolto questa esortazione: "È giunto il momento di abbandonare l'idea di un'Europa impaurita e piegata su se stessa"?
Commenta Tino Bedin
La domanda è precisa ed altrettanto precisa è la mia risposta: sì, è ora di accettare l'esortazione di Papa Francesco.
Per non avere paura, per guardare fuori occorre però una consapevolezza: l'Europa siamo noi. L'Europa dei governi, l'Europa dei burocrati, insomma l'Europa che non ci piace, esiste perché noi cittadini l'abbiamo lasciata nelle loro mani.
Ad accompagnare la nascita dell'euro c'era uno slogan bello e ambivalente: "L'Europa nelle nostre mani". La moneta unica era la concretezza dell'Europa che potevano toccare, maneggiare, custodire, investire. Non era solo denaro. Lo aveva capito anche il mondo, tanto è vero che molte economie emergenti (a partire dalla Cina) avevano messo l'euro al posto del dollaro nelle loro riserve.
Poi abbiamo lasciato che l'euro fosse solo una moneta. Molti l'hanno accusata di tutti i nostri malanni. Ancor oggi in Italia c'è chi vuole "uscire dall'euro". Questa idea è il massimo della paura. È il massimo della vecchiaia: si vuol credere (e far credere) che i ricordi ci arricchiscono.
La sicurezza sta invece avanti nel futuro. Se il mondo non è eurocentrico, come dice lei, non sarà la dimensione italiana che ci farà stare sicuri, che ci farà sviluppare. Papa Francesco dice di non ripiegarci in noi stessi. Ecco: innanzi tutto non ripieghiamoci ciascuno nel nostro piccolo e allora anche l'Europa non si ripiegherà.
Questa Europa poi ha dimostrato e sta dimostrando - pur nelle sue incertezze e difficoltà - di saper superare la maggior parte degli ostacoli. Ha affrontato con lentezza ma con coerenza la crisi mondiale, ha messo al sicuro la maggior parte delle economie (compresa quella italiana), è capace di competere con gli Stati Uniti. In questi decenni ha mantenuto la pace ai propri confini. La dissoluzione dei Balcani è una ferita che si è rimarginata ed era una situazione pericola almeno tanto quanto quella che ora c'è sulle frontiere esterne del Mediterraneo.
Certo, ci vuole la pazienza del compromesso. E la pazienza nella nostra società non è una virtù.
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