Comboniani in Brasile
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Açailândia (Brasile), 21 dicembre 2014

Un intenso anno di cammino missionario nel nord del Brasile
Natale: fare casa tra la gente
Ecco una Chiesa "ospedale da campo, come la preferisce Papa Francesco

Nell'ultima domenica prima di Natale, la Parola di Dio ci ha posto di fronte ad un contrasto.
Il re Davide decide di costruire una casa per il Signore. Immagina un tempio sfarzoso, segno dell'autorità di Dio e del re, nella capitale del potere religioso e politico, Gerusalemme (il suo successore Salomone concretizzerà pochi anni dopo questo progetto). La reazione del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe è forte: chi sei tu per costruire una casa a me?
Nel Vangelo, il progetto si inverte: è Dio che chiede il permesso ad una giovane ragazza della periferia galilea, di "fare casa" nel cuore dell'umanità, attraverso di lei.
Se guardo indietro, a questo intenso anno di cammino missionario nel nord del Brasile, vedo questi due estremi nella nostra vita comboniana. In molte situazioni ci stiamo impegnando per "costruire una casa" al Signore e alla gente.
Il progetto di "reassentamento" del quartiere di Piquià de Baixo, in fuga dall'inquinamento, continua intensamente, anche se a passi molto più lenti della vita che sfugge rapidamente dalle mani della gente che vive a fianco delle siderurgiche. Da sette anni siamo, quindi, impegnati in un progetto complesso, prolungato e di estrema responsabilità.
Molto del nostro impegno missionario cerca di combattere le cause strutturali della violenza profonda sofferta nei nostri territori. I frutti sono la deforestazione, il lavoro schiavo, il saccheggio dei beni comuni, l'esodo rurale e la perdita del patrimonio culturale delle popolazioni indigene, dei discendenti afro, dei lavoratori del campo…
I semi sono l'imposizione di grandi progetti di esportazione delle materie prime o la fame di energia prodotta a basso costo per gli interessi del capitale industriale, sulla pelle delle popolazioni locali. O, ancora, il modello di consumo che sta ipnotizzando le nostre comunità, provocando violenza, desiderio e competizione.
Per lavorare alla radice queste sfide e dissodare il duro terreno di una struttura sociale ed economica profondamente ingiusta, ci siamo impegnati molto, quest'anno, in altri progetti di ampio respiro: la rete
Justiça nos Trilhos cresce nella sua organizzazione e, allo stesso tempo, nella sua capacità di farsi prossima alle comunità più pregiudicate dalla duplicazione dell'immenso sistema di estrazione ed esportazione del minerale di ferro.
In parallelo, è nata durante quest'anno la Red Eclesial Panamazonica, un tessuto di diocesi, organismi ecclesiali e pastorali sociali che vogliono riorganizzare, articolare e potenziare l'impegno della chiesa in difesa della vita e dei territori amazzonici. Noi comboniani abbiamo l'onore e l'onere di parteciparvi con responsabilità.
Inoltre, un lungo processo "di base" è sfociato, a dicembre, nel secondo incontro
"Iglesias y Minería". Si sono riuniti quasi cento coordinatori laici e religiosi/e impegnati in America Latina per far fronte alle gravi violazioni provocate dall'industria mineraria nel continente intero. Abbiamo definito linee di lavoro e di articolazione per i prossimi due anni, cercando di incidere sempre più sulla linea pastorale dei nostri vescovi e le loro relative conferenze episcopali. La chiesa deve mantenersi fedele alla sua posizione profetica di denuncia e difesa della vita, con il coraggio di denunciare l'assurdo di un sistema che massimizza i profitti e distrugge le culture, le comunità, l'ambiente e le prospettive di futuro.
Insomma, stiamo costruendo molte "case" che speriamo siano gradite al Signore e in cui desideriamo molto che lui venga ad abitare. Anche i comboniani in Brasile hanno da poco unificato le due provincie, ed ora sono un unico gruppo di più di ottanta missionari presenti in diversi territori, con molte sfide differenti da affrontare e con la necessità di definire un progetto comune efficace e profetico.
Vieni, Signore Gesù: vieni ad ispirare con il tuo Spirito tutti questi spazi in cui, sinceramente e senza le pretese del re Salomone, speriamo che tu "ti senta in casa"!
Ma la Parola ci provoca: non è ancora questo il cuore della missione. Non ha senso costruire spazi in cui "giustizia e pace si abbracceranno", se non dedichiamo tempo e attenzione ai semi di vita che Dio stesso, prima di noi, coltiva nelle piccole cose di ogni giorno.
Quest'anno mi ha provocato molto, in questo senso.
Le responsabilità e le diverse richieste mi allontanano sempre più dalla vita quotidiana della comunità missionaria di Piquià. Devo ringraziare, quindi, la testimonianza silenziosa e fedele di pe. Angelo, la tenacia di fr. Antonio nell'affrontare le contraddizioni quotidiane della nostra città, l'immersione rapida e attenta alle persone del nuovo arrivato p. Massimo, la dedizione pastorale e la testimonianza di famiglia di Valentina e Marco (che hanno scelto di far nascere qui la nuova vita che aspettano!), la competenza e l'amicizia di João Carlos e Dida, l'altra coppia di laici missionari in Açailândia, il
companheirismo di Danilo, avvocato popolare che da quasi cinque anni lavora insieme a noi.
Lo spirito di famiglia comboniana, che unisce religiosi, laici e laiche, come Comboni già faceva 150 anni fa, è forse uno dei piccoli grembi in cui Dio stesso chiede il permesso di nascere.
Altri piccoli grembi sono gli incontri quotidiani, il lavoro comunitario e volontario insieme alle famiglie delle diverse comunità, l'accompagnamento silenzioso e impotente di una nostra catechista malata terminale… insomma: il Dio delle piccole cose, che quest'anno ha bussato alla mia porta "sfrondandomi e potandomi" per non dimenticare che, più importante di tutte le strutture, è l'umanità, il rispetto e l'amicizia.
"Il Signore ti annuncia che ti farà una casa", dice il profeta al re Davide. Credo che la sintesi sia questa: sentirci in casa, con il Dio della Vita e con amici in cammino con noi.
Sia che siamo impegnati in grandi progetti o che riusciamo a contemplare il Dio delle piccole cose, la nostra vocazione missionaria è felice perché ci sentiamo in casa e perché stiamo curando la casa delle relazioni tra noi e con la creazione intera.
Che in questo Natale anche il Signore si senta in casa con ciascuno di noi, sinceramente impegnato perché tutto abbia vita, e vita in abbondanza.

Padre Dario Bossi
missionario comboniano in Brasile

Commenta Tino Bedin

Quella che padre Bossi descrive è la Chiesa "ospedale da campo", cui tiene molto Papa Francesco; una Chiesa presente, vicina ai corpi e alle anime, che lenisce le ferite.
L'America Latina, da cui lo Spirito Santo ha tratto il vescovo di Roma, attraversa da alcuni decenni una difficoltà verso il cattolicesimo, al punto che c'è chi si chiede: "Che fine ha fatto il continente della speranza?", intendendo la speranza della Chiesa. Esperienze e c omunità come quelle in operano i combaniani ci rassicurano che la Chiesa è capace di dare motivi di speranza agli ultimi. E da questi la Chiesa trarrà la sua profezia.

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