Onorevole senatore Bedin,
mano a mano che si entra nei dettagli della norma della legge di stabilità con la quale il governo Renzi ha fatto un'incursione nel trattamento di fine rapporto, se ne coglie la logica: visto che non ci sono soldi a sufficienza, dopo aver utilizzato i risparmi del passato gli italiani farebbero bene a utilizzare anche i risparmi del futuro.
Renzi ha definitivamente risolto il dubbio tra l'uovo e la gallina: meglio l'uovo oggi, e pazienza se domani non ci sarà nessuna gallina.
Ci sono dubbi che riguardano l'utilità stessa di questa iniziativa. Alcuni sottolineano che si creano altre divisioni tra i lavoratori: i dipendenti pubblici non possono farsi accreditare il Tfr in busta paga. Le piccole e medie imprese si vedono ridurre una delle fonti di finanziamento, mentre il sistema bancario non ha ancora trovato un equilibrio sufficiente per alimentare gli investimenti e i rischi d'impresa.
Mi sembra però che il rischio maggiore sia proprio nella "logica" della proposta di Matteo Renzi: il risparmio non è più una virtù; la virtù è trovare il modo di spendere anche i soldi che non hai. È la negazione di una delle peculiarità delle famiglie italiane, che dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi hanno impostato il loro bilancio anche sul risparmio, cioè sul mettere da parte liquidità o beni (ad esempio, la casa) per i momenti di difficoltà o per le scadenze impegnative della vita familiare: l'università e il matrimonio dei figli, la pensione per i papà, la non autosufficienza dei nonni. Scadenze cui il risparmio dà maggiore serenità.
Io spero che questa norma non venga approvata dal Parlamento. Se comunque la si vorrà mantenere, mi auguro che Renzi sia smentito clamorosamente dai lavoratori, che continueranno a credere nel risparmio e nell'investimento in serenità familiare. Del resto lo hanno già fatto con gli 80 euro in busta paga: non sono finiti in consumi, ma in risparmi.
Commenta Tino Bedin
La proposta di Matteo Renzi sul Tfr ha numerosi difetti. Dopo che sono emersi, il governo è corso ai ripari insistendo sulla volontarietà della scelta. In breve: sono soldi dei lavoratori che hanno il diritto di farne quello che vogliono. Insomma, se ne fa una questione di libertà.
Può andare bene. Ma se è così, la tassazione del Tfr dovrebbe essere indifferente rispetto al momento in cui lo adoperi: oggi o domani dovrebbe conservare l'aliquota che ha sempre avuta. Poiché non è così - a meno che il Parlamento non ci metta una pezza - è evidente che la "libera scelta" è una giustificazione a posteriori della norma e non la sua origine.
Io credo che sia tempo che si smetta di illudere gli italiani, ma si costruisca lo spirito di rinascita nazionale partendo dalla condizione reale che richiede il coraggio iniziale di prenderne atto. Come lei ricorda, gli italiani hanno dimostrato di avere valori e lungimiranza. Il governo utilizzi questi valori e non il Tfr.
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