Iraq e cristiani
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Siracusa, 12 agosto 2014

La persecuzione dei cristiani frutto della guerra del 2003
Chi ha sostenuto la catastrofe in Iraq
non può dare lezione

Fare molta attenzione alla destinazione degli armamenti

Egregio senatore Bedin,
scrivo a lei perché ricordo che è stato fra i parlamentari che - anche in dissenso dal proprio gruppo - si opposero alla partecipazione dell'Italia alla guerra in Iraq. Oltre dieci anni dopo in effetti quella guerra ha prodotto solo disastri, l'ultimo dei quali è lo sterminio dei cristiani; sterminio di cui l'informazione nostrana si è finalmente accorta solo dopo che Papa Francesco ha fatto sentire la sua voce addolorata e quasi incredula.
Tornando al 2003, i cristiani erano oppressi (come tutti gli iracheni) da Saddam Hussein. Non avevano libertà di parola né di religione, ma avevano libertà di culto, non erano perseguitati per la loro fede, un cristiano era ministro di Saddam.
La guerra ha travolto tutto e tutti, senza sostituire la dittatura con la pace.
Lo sapeva bene il santo Papa Giovanni Paolo II che con determinata passione cercò di fermare la guerra americana. Ora sono gli stessi che hanno invocato allora la guerra a reclamare una nuova guerra, un nuovo intervento; ora dipingono Barack Obama come "incapace" di assicurare un ruolo all'America.
Certo, bisogna fermare lo sterminio dei cristiani, ma non siano coloro che hanno approvato e sostenuto la catastrofe a dare lezione.

Cipriano Genovese

Commenta Tino Bedin

Capisco la sua riprovazione. La situazione attuale conferma la mia posizione di allora, ma adesso è urgente consentire a migliaia di persone, non solo cristiane, di sfuggire alla persecuzione e poi di praticare liberamente la loro fede. Bisogna fermare i persecutori.
Li si blocca sul terreno. Ma li si blocca anche tagliando tutte le fonti di armamento e di denaro di cui si avvalgono. Su questo punto c'è troppa reticenza nella stessa informazione che ora richiede interventi militari. Eppure una forza militare come quella mostrata dai Califfato non si improvvisa e soprattutto non dura se non è alimentata.
O c'è il timore di scoprire che le armi che ora vengono usate contro i credenti di altre religiosi sono le stesse che gli americani hanno fornito senza troppa attenzione agli oppositori di regimi ritenuti inaffidabili?
E le armi che anche l'Italia si appresta a mandare in quell'area finiranno in mani sicure e soprattutto in mani che poi non ne ricaveranno un potere da esercitare contro altri?

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14-di-018
20 agosto 2014
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Tino Bedin