Carissimi tutti,
pensiamo doveroso portarvi un aggiornamento sulla situazione in Sierra Leone, come si ricava dalle dirette testimonianze dei nostri sul campo nel distretto di Pujehun. Sono Clara, Paolo e Stefania sua moglie, Chiara, Tito e Annunziata sua moglie, Alessandro, Angela e Giovanni che li ha raggiunti dalla sede per sostenere il team in questo momento di massima allerta. I nostri sono partiti per vaccinare, misurare altezze e pesare, formare, assistere e curare mamme e bambini, fuori e dentro l'ospedale, come facciamo di solito. È gente normale che si proponeva di condividere un po' della propria umanità e competenza. E poi si sono ritrovati senza volerlo in mezzo alla bufera dell'Ebola! Non hanno scelto di esserci ma adesso che sono lì decidono di restare e, insieme ai locali, affrontano e combattono questa "maledizione". Ci sono mascherine, guanti, occhiali protettivi, materiale pulito, disinfettante e altro ancora in ogni angolo. Lo staff locale e quello volontario fa ogni giorno gli straordinari, tutti sono attenti e scrupolosi, il clima è sereno e collaborativo anche se la preoccupazione è palpabile! Vi lasciamo alle loro parole.
Clara Frasson, capo progetto, 7 agosto 2014 - Se una persona adesso arrivasse a Pujehun, ancora vedrebbe una tranquillità apparente. La gente è in attesa. Tutti si guardano tra loro, in silenzio, e aspettano. Pujehun ha visto l'inizio dell'epidemia da un mese, quindi siamo nella fase in cui potrebbe scoppiare da un momento all'altro o potrebbe esaurirsi. Ma temo sia più probabile la prima ipotesi. Ci spinge un discorso affettivo, perché con il personale qui abbiamo un forte rapporto di collaborazione e amicizia che si è creato e solidificato nel tempo, per cui sappiamo che lasciarli qui da soli per loro sarebbe tremendo. Aleggia una depressione generalizzata indescrivibile. Se andiamo via anche noi, si sentono proprio abbandonati. Tutti noi abbiamo ben presente la nostra responsabilità. Stiamo cercando di prendere tutte le precauzioni possibili per noi e per loro. A Kenema sono morti 20 operatori sanitari che lavoravano nelle tende, dentro al centro. 20 sono tanti… Con loro è morto anche il dottor Khan, che era il direttore del centro, e per loro è stato un colpo di portata incommensurabile. Sabato siamo andati a Zumi, un piccolo centro rurale dove ci sono state 4 persone decedute sicuramente per ebola, ma essendo morte non sono stati effettuati i prelievi. Si aggiungono ai probabili casi quindi, ma sono quasi sicuri. Siamo andati lì per sensibilizzare la popolazione per cercare di evitare che la gente si nasconda. Hanno paura dell'arrivo delle autorità locali, temono di essere prelevati e di essere internati in centro di isolamento. Quindi siamo andati lì e abbiamo organizzato una riunione con la popolazione. Si percepivano il terrore, la paura, ma pian piano siamo riusciti a far capire loro l'importanza del controllo, che la popolazione deve controllarsi reciprocamente, per proteggersi. È stato molto difficile, la gente era timorosa ma cominciavano a capire l'importanza della tutela e di come salvarsi. Qui basta che entri qualcuno che è malato e il contagio è pressoché immediato.
Giovanni Putoto, responsabile programmazione, 7 agosto 2014 - L'epidemia sta peggiorando. Tutti i distretti, inclusa Freetown hanno casi sospetti e morti certificate di Ebola. L'ultimo bollettino di ieri del MOH riporta un totale di 213 morti su un totale di 613 casi confermati. Dati che sembrano non corrispondere alla realtà che c'è sul campo. Ieri assieme al DMO di Pujehun, dr. David Bome, Clara e Paolo, abbiamo visitato l'ospedale di Kenema. Il DMO del posto, dr. Vandi, vecchia conoscenza del Cuamm, ci ha dipinto un quadro pesante, a tratti fosco. Cadaveri di persone vengono trovati lungo le strade e le piazze. Alcuni di questi sono risultati positivi al test della saliva per Ebola. Si tratta di persone o abbandonate dalla famiglie o scappate dalla famiglie. Nonostante una capacità di 50 letti, il reparto di pazienti affetti da Ebola non riesce a far fronte ai nuovi casi. Ci sono stati 81 decessi, mentre solo ieri mattina si sono registrati 17 nuovi casi risultati positivi al test Elisa o al test PCR. I pazienti saranno trasferiti in un reparto più spazioso, mentre al di fuori della città sono iniziati i lavori per la costruzione di un centro di trattamento dell'Ebola. Una decina di esperti OMS fornisce supporto clinico, formativo, laboratoristico e epidemiologico. Le vie di trasmissione fuori controllo sono le stesse di sempre: quella comunitaria e quella ospedaliera. Gli effetti sono quelli già visti in contesti simili: diminuisce drasticamente l'utilizzazione dei servizi sanitari, dalle vaccinazioni ai parti assisti (una regressione del sistema sanitario!) e si moltiplicano le manifestazioni di rabbia e rigetto con gli operatori sanitari, rei di "avvelenare" i pazienti. C'è un grande lavoro da fare per coinvolgere la comunità attraverso l'informazione e la partecipazione attiva e responsabile di tutti. A Pujehun finora ci sono stati 2 morti per Ebola ricoverati presso l'unità di isolamento e 4 morti probabili avvenute a Zimmi, una località distante circa 4-5 ore dal capoluogo. Forse per la sua posizione geografica il distretto di Pujehun risulta meno colpito di altri. Forse...
Importante e apprezzato il lavoro realizzato da Clara e dal team con il DMO per l'allestimento della tenda. IL DMO e il MS hanno molta fiducia nel Cuamm e ci coinvolgono in molte decisioni. Sono fragili ma aperti alla collaborazione.
I problemi più urgenti sono: completare isolamento dei pazienti sospetti di Ebola secondo le procedure richieste, garantire il massimo della protezione al personale (tutto, il nostro e quello locale) secondo i livelli di rischio, formare e motivare il personale locale, sostenere il distretto nel case finding e nel case tracing nel territorio. Con tutte le cautele e le apprensioni del caso, non dobbiamo mollare la presa. Bisogna dare tutti i sostegni necessari da Padova.
Per oggi è tutto.
Condividiamo come in famiglia, gioie e dolore del nostro servizio in Africa. Stiamo continuamente monitorando la situazione e il suo evolversi, pronti a ridefinire anche la nostra presenza, per proteggere anche i nostri operatori. Facciamo davvero tutto il possibile per sostenere questo impegno, accompagnandoli con il nostro aiuto e anche, con una preghiera, un abbraccio e un saluto a tutti voi.
Don Dante Carraro Direttore Medici con l'Africa Cuamm
Come possiamo aiutare:
Con 10 euro assicuri materiale informativo e di sensibilizzazione alla popolazione locale
Con 20 euro garantisci il trasferimento del paziente sospetto dalle unità periferiche all'ospedale
Con 30 euro copri i costi di analisi e test di controllo
Con 100 euro assicuri i kit completi di protezione individuale: guanti, occhiali, camice, maschera, copri scarpe o stivali, copricapo
Causale Emergenza Ebola c/c postale 17101353 intestato a Medici con l'Africa Cuamm IBAN: IT 91H0501812101000000 107890 per bonifico bancario presso Banca Popolare Etica, PD.
Commenta Tino Bedin
È da tempo che il virus della febbre emorragica si diffonde in alcune zone dell'Africa, con la sua tragica mortalità che va dal 60 al 90 per cento dei casi. Adesso sta mettendo paura al mondo per la velocità con cui si diffonde e anche per l'allerta lanciato da alcuni specialisti: contrariamente ai precedenti, l'attuale virus Ebola ha dimostrato la capacità di diffondersi anche attraverso il trasporto aereo: ce n'è abbastanza per ipotizzare una mutazione del virus e per mettere in difficoltà gli scambi internazionali.
Di Ebola si è parlato questa settimana anche a Washington, nel primo Us-Africa Leaders Summit: un appuntamento con decine di capi di stato e di governo africani, con i quali il presidente Barack Obama ha voluto rilanciare la collaborazione fra gli Stati Uniti e il continente delle sue origini, con le sue potenzialità e le sue debolezze.
Una centralità - quella dell'Africa - che il Cuamm pratica fin dalle sue origini: non a caso era ed è già lì, tra i colpiti da febbre emorragica, mentre altri arrivano adesso.
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