Forum sociale mondiale
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Açailândia (Brasile), 1 aprile 2013

Un forum nel sapore della Pasqua e del martírio
Orecchie aperte al dialogo e cuori aggrappati ai poveri
Il richiamo quaresimale del cardinale Bergoglio

È ormai una tradizione in occasione del Forum Sociale Mondiale: anche le missionarie ed i missionari comboniani partecipano, offrono le loro proposte e idee, si incontrano per comprendere i nuovi cammini della missione.
Quest’anno il Forum convocato a Tunisi negli stessi giorni della Pasqua ci sembrava una contraddizione: temevamo di perdere l’intensitá della settimana santa. Al contrario, sono state scritte per noi pagine di vita nel sapore della Pasqua e del martirio.
Abbiamo aperto il nostro incontro in terra maghrebina proprio nel giorno della memoria dei martiri di Tibhirine, monaci che non hanno voluto abbandonare il popolo algerino nei giorni della rivolta fondamentalista del ‘96.
E abbiamo concluso sette giorni di riflessione, articolazioni, definizione di strategie ed impegni pregando nel luogo dove due martiri della prima chiesa cristiana tunisina sono state uccise: Perpetua e Felicita, che consideravano il loro martirio come “il grido di un altro”, il Crocefisso. E noi, nell’arena del loro sacrificio, abbiamo rinnovato il nostro impegno assoluto ad essere grido di tante vittime dell’ingiustizia.
C’è una carica spirituale in molte persone che partecipano al forum. Nell’ultima edizione, un’indagine ha definito che il 70% dei partecipanti riconoscono di fondare il loro impegno per la pace e la giustizia proprio su un riferimento spirituale.
E cosí anche noi missionari ci siamo sentiti confermati nel cercare di scoprire il vento dello Spirito che anima questi movimenti. Abbiamo incontrato segmenti interessanti anche della nostra chiesa, presente in modo ancora disarticolato, ma attiva ed in ricerca. Per non perdersi nell’andirivieni di proposte e nel pluralismo di ideali e lotte, occorreva affermare continuamente, in noi, due degli atteggiamenti chiave dello stesso Gesú di Nazareth: orecchie aperte al dialogo e cuori aggrappati ai poveri.
In questo contesto, i tre giorni della Pasqua hanno acquistato un sapore nuovo.
Giovedí Santo Gesú spezza il pane e fa memoria della vita intera convidisa con i discepoli. Anche noi, in questi giorni, ci siamo cercati e raccolti per mettere in comune le nostre vite. Ciascuno con l’umiltá di voler imparare dagli altri, immagine della comunitá dei discepoli in cerca di senso ed incerta sulla missione che li attendeva.
Al forum abbiamo incontrato una nuova definizione di AGAPE:
Alternative Globalization Adressing People and Earth. Questa globalizzazione alternativa, attenta alla gente e alla terra, è uno dei nuovi nomi del cenacolo attorno a cui possiamo incontrarci tutti.
Il Venerdí Santo è giorno di sconfitta e di morte. Risuonano in noi situazioni apparentemente irresolvibili, come il conflitto tra Israele e Palestina, assurdamente ingiuste, come la guerra per la gestione dei beni comuni in Mali, o preoccupanti per le voci degli amici missionari che le soffrono sulla pelle, come il recente colpo di stato in Centrafrica.
L’aggressione ambientale globale è come un aereo in fase di decollo, dice Leonardo Boff: abbiamo giá superato, nella corsa, il punto limite e non ci si puó piú fermare. O ci solleviamo in volo, cambiando pertanto radicalmente il modello di vita, economia e finanza, oppure andremo rapidamente a schiantarci.
La notte del Sabato Santo non è una vittoria schiacciante della vita sulla morte. Troviamo, piuttosto, piccoli segni che ci lasciano intuire che c’è speranza. Sono, per esempio, i sogni di questo piccolo gruppo di missionari: piú inseriti, piú semplici, piú radicali nella prioritá del servizio a Giustizia, Pace e Cura del Creato. È la primavera araba che abbiamo respirato un poco. È l’amicizia profonda di chi si sta impegnando per la vita e si riconosce nella lotta dell'altro.
Dire “un altro mondo è possibile” è un altro modo di affermare “Cristo è vivo tra noi”: due maniere di testimoniare la resurrezione e prepararla, di nuovo, sulle strade della nostra gente e nella memoria dei nostri martiri.

Padre Dario Bossi
comboniano

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Proprio all'inizio di questa Quaresima, nell'omelia delle Ceneri, il cardinale Bergoglio, non ancora Papa Francesco, aveva usato immagini forti: "La Quaresima ci invita a piangere, a buttar giù le maschere, a fare un po' di verità, a coltivare speranza invitandoci a dire di sì, a coinvolgerci e a comprometterci per un miglioramento nella società, smettendola di assumere sorrisi di plastica come se niente fosse. Sì, è possibile che tutto sia nuovo e e diverso, perché Dio è ancora ricco di bontà e di misericordia, sempre pronto a perdonare e ci incoraggia a iniziare più e più volte".
A questa necessità di cambiamento spinge la situazione che viviamo e che il cardinale Bergoglio aveva poco prima sintezzata nella stessa omelia: "Ci siamo abituati a poco a poco, influenzati dai media che ci presentano quasi con gioia perversa esclusivamente la cronaca nera, a vedere nella società contemporanea solo male, tragedie e oscurità. D'altra parte questa situazione drammatica è sulla strada, nel quartiere, nelle nostre case e, perché no, nei nostri cuori. Noi viviamo con la violenza che uccide, distrugge le famiglie, fa sperimentare con dolore guerre e conflitti in molti paesi. Ci capita di convivere con l'odio, l'invidia, la calunnia, la mondanità nei nostri cuori. La sofferenza degli innocenti e l'arroganza continuano a schiaffeggiarci; come il disprezzo per i diritti degli individui e dei popoli fragili, lo strapotere dei soldi con i suoi effetti demoniaci, la droga, la corruzione, il traffico di esseri umani - compresi i bambini - insieme a povertà materiale e morale sono all'ordine del giorno. La distruzione di un lavoro dignitoso, migrazione e mancanza di futuro doloroso per tante persone e famiglie, nonché le varie associazioni a delinquere. I nostri errori e peccati, come chiesa non sono fuori di questo quadro. Tanti interessi egoistici personali e non tanto interessamento per i più bisognosi, la mancanza di valori etici nella società che si diffonde sempre nelle famiglie che vivono nei quartieri…".

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13-di-009
19 giugno 2013
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Tino Bedin