Il redditometro è sicuramente uno strumento importante per la lotta all'evasione fiscale.
Almeno per quella relativa a quei tanti "furbetti" che dichiarano pochi euro e però hanno ville, barche e tenori di vita ben al di sopra di quanto risulterebbe da dichiarazioni dei redditi quasi da assegno sociale.
Ben venga in questo caso ogni tipo di strumento che possa stroncare il fenomeno.
Dopo l'annuncio del nuovo Redditometro, Attilio Befera, il Direttore dell'Agenzia delle Entrate, sta comunque cercando di tranquillizzare gli italiani, sottolineando come il Fisco non farà controlli a tappeto e comunque li farà solo quando la differenza tra i soldi incassati e quelli spesi sarà superiore al 20% e comunque sopra i 100.000 euro.
Tuttavia tale ultimo limite non è previsto dalla legge (che pone solo il paletto della differenza di almeno il 20% tra dichiarato ed accertato), ma solo consigliato, quindi non è detto che tutte le agenzie si adegueranno.
Quasi a dire: tranquilli, continuate a spendere. Evadere sì, ma basta non esagerare.
La preoccupazione, infatti, è che se passa il messaggio che per non finire sotto la lente del Fisco è meglio non spendere, si potrebbe avere un effetto boomerang sui consumi.
Il nuovo Redditometro tiene conto degli investimenti netti. Significa che se un anno compro casa e per pagarla disinvesto, per esempio, del Btp o dei fondi d'investimento, il software (in automatico?) prende in
considerazione solo la spesa netta, depurata anche del mutuo. Il problema, però, sorge (come spesso accade in Italia) quando i genitori aiutano a comprare casa ai figli. Chi si trova in questa situazione e ha acquistato un'abitazione nel 2009, primo anno che finirà sotto la lente del software, potrebbe dunque ricevere una letterina di convocazione per chiarimenti.
La mancata coerenza, del resto, non è automaticamente rappresentativa di evasione, dato che potrebbe avere mille giustificazioni, come, per esempio, eredità o donazioni.
Il problema è che l'onere della prova spetterà al contribuente, che dovrà quindi fare in modo di avere e conservare con molta attenzione ogni utile documentazione.
Il nuovo strumento applicativo tiene conto, dunque, di 100 voci di spesa, con un metodo di ricostruzione del reddito che, a differenza del passato, non si basa su presunzioni originate dall'applicazione di coefficienti, bensì su dati certi (spese sostenute) e situazioni di fatto (spese medie di tipo corrente, risultanti dall'analisi annuale dell'Istat).
Alla molteplicità delle informazioni utilizzate si aggiunge inoltre la garanzia del doppio contraddittorio obbligatorio. L'Agenzia è, infatti, tenuta a dialogare con il contribuente:
- in fase preventiva, chiedendogli di fornire chiarimenti e di integrare le informazioni già a disposizione
dell'Amministrazione;
- in una eventuale seconda fase, per definire la ricostruzione del reddito in adesione.
Tali strumenti si inseriscono del resto in un contesto in cui le dichiarazioni dei redditi incoerenti sono oltre il 20 per cento dei casi.
Come detto, quindi, ben vengano strumenti di contrasto all'evasione.
Anzi ne vengano di sempre più raffinati ed efficaci.
Speriamo soltanto che si consideri che chi vuole evadere davvero, di solito, i trucchi per non cadere nell'applicazione del redditometro li conosce e li sfrutta anche abbastanza agevolmente, magari intestando la supermacchina alla società o a meri prestanome.
Speriamo soltanto che alla fine non si riveli solo un ulteriore strumento accertativo, figlio magari di buone intenzioni, che si rivelerà poi mera burocrazia, fonte di difficoltà per il contribuente onesto che magari non abbia sufficiente documentazione (o non si sia premurato di conservarla adeguatamente) ma che niente abbia effettivamente evaso, o comunque causa di nuovi contenziosi.
Se pensiamo agli studi di settore, del resto, un po' di timori vengono.
Il punto è che il sistema Italia non può essere considerato come un sistema di furbi ed ingenui, non si può pretendere che tutti i cittadini debbano dimostrare allo stato la propria capacità di spesa, basando la richiesta su mere varianti statistiche. E' una visione asettica che "premia" i furbi a scapito del resto della popolazione che non è ingenua ma forse solo concentrata a fare il proprio lavoro nel miglior modo possibile,
e poca attenzione fa alla rendicontazione, forse solo perchè sottrae tempo all'attività produttiva, economica e culturale che sta svolgendo.
Senza considerare i costi che il cittadino sarà costretto a sostenere.
Se è giusta ed auspicabile un'attività di controllo da parte dell'agenzia, prevedere che le singole persone debbano per legge render conto
allo stato della propria vita "personale" è una visione statalista, che tra l'altro in un periodo di crisi è la peggiore visione per lo sviluppo e la crescita.
Con ciò non voglio dire che lo strumento del redditometro non è in se applicabile,
ma che potrà essere utile solo abbinato ad una strategia istruttoria più complessa. L'inversione dell'onere della prova, può essere giustificata solo se il redditometro è abbinato ad altri indirizzi di evasione.
Quanto sopra è anche la posizione della recente sentenza della Corte di cassazione n.23554/2012, che afferma che il redditometro( vecchio e nuovo) è da inquadrare tra le presunzioni semplici, cioè l'onere probatorio incombe su colui che intende trarre giovamento dal ragionamento presuntivo (L'amministrazione finanziaria).
Quello che è sicuramente da scongiurare è l'utilizzo di massa che può solo danneggiare la maggioranza, e limitare la fedeltà fiscale.
Penso seriamente che il solo vero effetto che otterremo con l'utilizzo in "massa" del redditometro sarà un aumento massiccio di richieste di pagamento in nero da parte dei cittadini.
Salvatore Scino vicepresidente del Consiglio comunale di Firenze
Risponde Tino Bedin
Appare sempre più necessaria una
maggiore sperimentazione del redditometro, altrimenti esso rischia di
trasformarsi in un aggravio per il contribuente
e di lasciare forti dubbi sulla sua
reale efficienza. Ad esempio, va meglio ridefinita la sua flessibilità rispetto agli scostamenti
dagli standard previsti dall'Agenzia delle Entrate. Il redditometro fu varato nel 2010 dal governo Berlusconi
come alternativa all'approccio di
contrasto dell'evasione seguito
dal governo Prodi, che era basato sulla
tracciabilità e la trasparenza
delle transazioni e sull'uso
consapevole delle banche dati.
Quindi non ha torto Mario Monti a definirlo "una bomba a scoppio ritardato" ereditata dal governo precedente.
E tuttavia la situazione non è uguale a quella del 2010. Il redditometro è stato pensato in un
momento in cui non c'erano norme specifiche per intensificare l'azione di
contrasto all'evasione. Oggi invece l'Agenzia delle Entrate dispone di formidabili strumenti di verifica. Si pensi in particolare al Sistema informatico che
permette all'Agenzia di incrociare, anche con i
conti correnti bancari, i dati dichiarati
e quelli relativi alle spese realmente
sostenute. È un sistema
tecnologicamente valido dal quale la
lotta agli evasori potrà ricavare un
ulteriore, forte impulso.
Proprio per questa situazione operativa dell'Agenzia delle Entrate, sarebbe opportuno
che il nuovo strumento - come ha suggerito Vincenzo Visco - venisse riportato
alla funzione residuale che aveva il vecchio
redditometro nella politica di accertamento,
basando la lotta all'evasione sul
monitoraggio ex-ante dei contribuenti, utilizzando
pienamente le possibilità offerte dalle banche dati.
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