Non è un tema di interesse quello dell’energia in questa campagna elettorale, ma qualche idea concreta sarebbe utile da discutere poiché è su una piattaforma energetica che un Paese costruisce la propria economia e l’Italia ha una bilancia dei pagamenti fortemente appesantita dalla bolletta energetica. Ed è pure da quanto e da cosa brucia un Paese, che dipende la qualità dell’aria che respirano i suoi abitanti.
Il governo dei tecnici ha trattato le rinnovabili considerandole solo una spesa e come tale l’ha tagliata; ma parafrasando le recenti ammissioni dello stesso Fondo Monetario riguardo ai tagli della spesa pubblica, ha tagliato il futuro. L’Fmi in uno studio firmato dal proprio direttore ricerche (Olivier Blanchard) ha ammesso che l’eccesso taglio della spesa è stato controproducente perché ha prodotto un taglio ancor superiore nel reddito. Secondo lo studio, nel caso della Grecia ogni euro tagliato nella spesa si sarebbe tradotto in 1 euro e mezzo di riduzione del PIL.
Nel caso delle rinnovabili, averle considerate solo un costo, ignorando il numero di imprese e posti di lavoro creati, la quantità di energia prodotta, il corrispondente calo dell’import di gas, il calo del prezzo all’ingrosso della corrente (nel 2012 il prezzo dell’elettricità nelle ore serali ha superato in media quello di mezzogiorno in otto mesi su dodici rendendo inefficiente il sistema dei prezzi biorari) e la riduzione delle emissioni, significa sì aver contenuto i costi di incentivazione (2), ma significa anche aver prodotto un effetto recessivo sull’economia, su una economia già in drammatica recessione. Nel 2011, il solo fotovoltaico aveva generato, a fronte di 4 miliardi di incentivi, 39 miliardi di euro di prodotto interno lordo, 40 miliardi di investimenti.
Al contrario degli investimenti tossici delle banche, questi investimenti hanno prodotto energia e lavoro: nel 2012 i primi dati di Terna (la società che regola trasmissione e dispacciamento
dell’elettricità) mostrano che idro, eolico e solare hanno generato ben 80 miliardi di chilowattora (è pari a 70 il consumo totale del settore domestico), aggiungendo la produzione da biomasse (non specificata da Terna ma che nel 2011 è stata di 10 miliardi di kWh) si giunge a una quota sempre più vicina al 30% dell’intera domanda elettrica del Paese.
Risponde Tino Bedin
Faccio notare che il programma di governo del Partito Democratico è molto attento alle energie alternative, non solo come valore in sé ma anche come elemento decisivo per l'obiettivo principale del possibile governo a guida Bersani: il lavoro. Sergio Gentili, coordinatore del Forum ambiente del Pd, ha recentemente ricordato che per il suo partito la chiave strategica per la ripresa economica è quella dello sviluppo sostenibile, della green economy. Perché come si è affermato nelle conferenze sul lavoro del Pd, «l`ambiente è lavoro» e i beni comuni sono centrali nell'avanzamento dei diritti delle persone. Per rilanciare l`occupazione, rafforzare l`impresa e la ricerca ci sono due proposte significative da mettere tra i primi 10 provvedimenti di governo e riguardano la difesa del suolo e l`efficienza energetica.
Proprio per quanto riguarda l'efficienza energetica, secondo il Partito Democratico, vanno tradotte in provvedimenti le linee che Confindustria, centri di ricerca e Cgil avanzano: in dieci anni e con poco più di 10 miliardi di euro di incentivi, nuova occupazione per oltre 1,6 milioni di posti; riduzione della bolletta petrolifera per le famiglie e le imprese; abbattimento delle emissioni di Cot; giro economico per 230 miliardi; maggiori entrate per l`erario.
Parallelamente, e a sostegno, occorre definire un piano di formazione giovanile per le professioni necessarie poiché secondo l`UE entro il 2015 occorreranno almeno 2,5 milioni di specialisti, ora sono disponibili poco più di 1 milione. Vanno quindi approntati master post diploma con il coinvolgimento delle forze sociali.
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