Missioni militari italiane
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Internet, 2 luglio 2012

Si affida alla retorica ed invece tratta concretamente di interessi
"Perché siamo così ipocriti sulla guerra?"
Il Parlamento non sceglie le missioni di pace. È l'ufficiale pagatore

Della guerra si colgono in genere gli aspetti eroici o drammatici. Ma la guerra "è anche inganno sottile, nascosto, come a sua volta è l'inganno della politica che deve dettare le condizioni della guerra e fissarne gli scopi".
"Perché siamo così ipocriti sulla guerra?" è la domanda-titolo del libro (Chiarelettere Editore) del generale Fabio Mini, già capo di Stato Maggiore Nato per il Sud Europa e comandante interforze delle operazioni nei Balcani. "Nel 1994 i nostri soldati e quelli di mezzo mondo si ritirarono dalla Somalia lasciandola in condizioni peggiori di quelle iniziali. Da allora abbiamo preso parte a tutte le guerre mistificate limitandoci ad avvicendare i contingenti senza mai fare un bilancio oggettivo sui risultati, sulle strategie e sui sacrifici compiuti".
Sulla missione in Afghanistan, in particolare, non si riesce e non si vuole fare questo bilancio, forse per paura di dover iniziare da subito a ritirare i militari italiani.
Per Mini, "la minaccia della guerra si è trasformata in "minaccia della pace" e molti guardano ad essa come ad una catastrofe che incombe sui grassi interessi che la guerra garantisce… La guerra è ipocrita negli scopi quando si affida alla retorica ed invece tratta concretamente di interessi, di affari. L'ipocrisia della guerra è un'arte e serve a far diventare accettabile e normale tutto ciò che succede in guerra: dall'eroismo alla nefandezza".
Di fronte ai 4200 militari italiani in Afghanistan, col 51° solenne funerale solo pochi giorni fa, e di fronte ai ripetuti pronunciamenti per una nuova "missione di pace" in Siria, proponiamo una riflessione, senza ipocrisie, sui contesti da cui hanno origine e quelli in cui si sviluppano le "missioni di pace".
Riflessione che riteniamo utile anche per capire perché questo tema non sia preso in considerazione dalla spending review.

Intersos

Risponde Tino Bedin

Il punto essenziale è che le missioni internazionali, come buona parte delle materie che hanno a che fare con la Difesa, non nascono - come dovrebbe essere - in Parlamento. Il Parlamento è chiamato a ratificare scelte extraparlamentari, in molti casi a partire dal 2001 addirittura extranazionali. In Afghanistan continuiamo a restare sulla base di un'iniziativa unilaterale degli Stati Uniti (Enduring Freedom), su cui l'Onu ha messo una pezza con la missione Isaf: il Parlamento italiano da allora continua ad invocare questa pezza per votare il finanziamento della missione, facendo finta di credere che il popolo afghano distingua pallottole e divise. È successo anche in occasione del voto per il finanziamento del 2012.
Insomma il Parlamento non sceglie le missioni di pace. È l'ufficiale pagatore. E continua a pagare finché altrove non si decide che le spese vanno dirottate in qualche altro scacchiere (come sta avvenendo adesso con la Siria), con la lodevole eccezione del governo Prodi, che nel maggio del 2006 inserì il ritiro immediato dell'Italia dall'Iraq nel discorso programmatico del suo governo e quindi sottopose la scelta al voto del Parlamento.

    Partecipa al dialogo su questo argomento

12-di-008
12 luglio 2012
scrivi al senatore
Tino Bedin