La forza del lavoro italiano nella globalizzazione Nel nuovo mondo si compete lavorando meglio e lavorando tutti
In campagna elettorale mi hanno chiesto spesso se il centrosinistra avrebbe cambiato la "legge Biagi" (come la chiamano loro). Ho sempre risposto - programma dell'Unione alla mano - che la "legge Maroni" (come la chiamo io) deve essere buttata via per la sua filosofia, che rende rischiosi anche contenuti apparentemente condivisibili. A leggere queste norme si ha la sensazione che una parte della società italiana abbia voluto elevare al rango di legge un'ideologia molto diffusa, che in Veneto si riassume nel motto "i schei fa schei": come se anche in Veneto, soprattutto in Veneto, all'origine dei soldi non ci fosse il lavoro, molto lavoro. Le società democratiche possono partecipare alla sfida globale se competono con la qualità del lavoro, il valore del lavoro, il diritto al lavoro per tutte le persone; possono partecipare cioè se coinvolgono la maggior parte dei loro cittadini. Se ci rinunciano e pensano di vincere affidandosi ai pochi che dispongono dei capitali necessari per "comprare" il lavoro dei cinesi e degli indiani, le democrazie occidentali si metteranno nelle condizioni di essere a loro volta "comprate", rinunceranno cioè ad essere democratiche.