COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

La legge della Destra equipara immigrazione ad azione di polizia
Un muro di propaganda,
mentre calano i controlli alle frontiere

Un esempio, tra i tanti, di come le parole del governo siano lontane dai fatti

Nel corso del dibattito al Senato sulle nuove norme per l'immigrazione, il senatore Tino Bedin è intervenuto nella mattinata di giovedì 11 luglio sull'articolo 35, evidenziandone i contenuti non solo italiani ma europei.
Riportiamo il commento del senatore Bedin e alla fine il testo dell'articolo 35 per documentazione.

commento di Tino Bedin
segretario della Giunta per gli Affari europei

Unificare nella stessa immagine immigrazione e polizia di frontiera, come fa, fin dal titolo, "Istituzione della Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere", questo nuovo articolo, il 35 introdotto alla Camera, del disegno di legge del Governo Berlusconi sull'immigrazione, ma, soprattutto, istituire un'unica Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia di frontiera illumina in maniera chiarissima sullo spirito con il quale questo Governo, che si dice liberale, ha affrontato e sta affrontando uno del temi centrali del presente e del futuro della società europea. La politica dell'immigrazione è, secondo questo Governo illiberale, coincidente con la politica di polizia di frontiera.
Ma anche in questo articolo siamo di fronte ad una legge di propaganda, ad una legge manifesto, perché, mentre si arriva a proporre alle Camere questo articolo, contemporaneamente il controllo delle frontiere è diminuito. Infatti, il "Dossier statistico 2002", pubblicato a fine giugno dalla Caritas italiana, dalla Fondazione Migrantes e dalla Caritas di Roma, dimostra che nel 2001, rispetto all'anno precedente, i respingimenti sono diminuiti (41.000 casi, di cui 30.625 direttamente alle frontiere e 10.433 su provvedimento dei questori); nel 2001, con il Governo Berlusconi, siamo scesi al livello più basso degli ultimi quattro anni per quanto riguarda i respingimenti alla frontiera. Eppure questo dovrebbe essere il metodo di controllo più immediato, più efficace e meno costoso.
Per capire in che misura le dichiarazioni di intenti del governo sul rafforzamento del controllo alle frontiere sono lontane dalla realtà basta una visita al posto di polizia di frontiera di Bari. Dal porto di Bari ci sono sei partenze e sei arrivi giornalieri dalle zone balcaniche; ciascuna nave porta centinaia di passeggeri in arrivo e in partenza. Sono zone delicate dal punto di vista degli ingressi nel nostro Paese. Ebbene, il distaccamento di polizia di frontiera di Bari consta di sei unità per turno per il controllo di centinaia e centinaia di passeggeri in arrivo dalla ex Jugoslavia e soprattutto dall'Albania. Il posto di frontiera di Bari non ha un collegamento per i computer e c'è un solo macchina fax. Pertanto, se si vuole effettuare un controllo sull'identità di una persona che tenta di entrare con documenti falsi bisogna attendere la risposta ad un fax da parte del Viminale.
Anche da questo è chiaro che questo governo dice una cosa e ne fa un'altra: dimostra di non essere in grado di controllare il flusso migratorio irregolare alle frontiere; contemporaneamente, però, dice agli italiani che l'unica strada possibile per fronteggiare le migrazioni è innalzare un muro intorno all'Italia e all'Europa.
L'altro aspetto per cui affermiamo che ci troviamo ancora una volta di fronte ad una legge propaganda e non ad una legge operativa riguarda il rapporto con l'Europa. L'Italia delle destre in questa materia insiste ad andare per la propria strada - come ha fatto fin dall'inizio della legislatura - ma intanto dice di voler creare una polizia di frontiera europea e convoca con spettacolarità qui a Roma una riunione del Consiglio giustizia e affari interni dell'Unione; e a Siviglia il presidente del Consiglio e ministro degli Esteri dice di aver sostenuto e di sostenere la proposta spagnola al riguardo.
A Siviglia, infatti, oltre a potenziare i filoni di azione già esistenti, i Governi europei hanno lanciato un vasto programma di rinnovamento strutturale del sistema europeo di controllo migratorio, prevedendo - tra l'altro - la creazione di un sistema europeo di gestione delle frontiere esterne (il concetto di management of external borders è definito ufficialmente in un allegato al Piano approvato dal Consiglio dei ministri il 14 giugno).
Nelle intenzioni dei Governi coinvolti, tale sistema integrato dovrebbe rappresentare un'evoluzione sostanziale rispetto all'attuale rete di strutture nazionali, operanti sulla base di standard comuni (in primo luogo, il Manuale comune Schengen sui controlli alle frontiere esterne) e di meccanismi di mutuo riconoscimento dei risultati delle attività svolte a livello nazionale (per esempio, tramite segnalazioni al SIS ai fini della non ammissione alle frontiere).
L'evoluzione concreta verso un sistema europeo di gestione delle frontiere esterne si configura come un processo di notevole complessità, che non è riconducibile ancora una volta allo slogan fuorviante che proprio da Roma Berlusconi ha lanciato, cioè quello di una "polizia di frontiera comune". Su questo tema la Presidenza danese, che guida l'Unione dal 1° luglio, ha già indicato delle tappe interessanti ed immediate: tra le venti azioni operative da effettuarsi in questi sei mesi è previsto che il gruppo di lavoro SCIFA discuta rapidamente delle misure; è altresì previsto che il dibattito al Consiglio di Bruxelles riguardi i costi della sorveglianza alle frontiere e che questa debba essere operativa dal giugno 2003.
Come ho detto, mentre dice di fare queste cose il Governo Berlusconi si dà una propria struttura, crea dal nulla una direzione centrale della polizia di frontiera e quindi dimostra ancora una volta di non essere coerente con gli impegni che assume a livello di Unione europea.
Non solo questo ci preoccupa. E' evidente che anche in questo caso il Governo Berlusconi gioca due ruoli e si mette nella condizione di essere sempre dalla parte di chi ha ragione, ma i cittadini italiani sanno capire e scegliere.

Il testo dell'articolo 35
Art. 35.
(Istituzione della Direzione centrale dell'immigrazione
e della polizia delle frontiere)

1. È istituita, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere con compiti di impulso e di coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell'immigrazione clandestina, nonchè delle attività demandate alle autorità di pubblica sicurezza in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri. Alla suddetta Direzione centrale è preposto un prefetto, nell'ambito della dotazione organica esistente.
2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, la determinazione del numero e delle competenze degli uffici in cui si articola la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, nonchè la determinazione delle piante organiche e dei mezzi a disposizione, sono effettuate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 5 della legge 1º aprile 1981, n. 121. Dall'istituzione della Direzione centrale, che si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti, non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
3. La denominazione della Direzione centrale di cui all'articolo 4, comma 2, lettera h), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, è conseguentemente modificata in "Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato".
4. Eventuali integrazioni e modifiche delle disposizioni di cui ai commi precedenti sono effettuate con la procedura di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

11 luglio 2002

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20 luglio 2002
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