La scelta del giorno non è dipesa da lei, Alessandra Buoso, sindaco di Anguillara Veneta. La coincidenza della festa di Ognissanti ha reso ancor più stridente la presenza in riva all'Adige di Jair Bolsonaro, presidente del Brasile, venuto a ritirare il "certificato" di cittadino onorario, deciso dalla maggioranza leghista che amministra il Comune.
Il conferimento di una cittadinanza onoraria serve solitamente ad una comunità per riconoscersi in valori condivisi, propone esempi, valorizza risultati cui molti altri possono aspirare. Nulla di tutto questo è avvenuto ad Anguillara Veneta. Anzi, la "dimensione" internazionale dell'atto amministrativo ha creato opposizione e disappunto in paese e fuori, in tutto il Padovano e anche oltre.
Né Buoso né Bolsonaro hanno badato alle osservazioni che questo gesto aveva provocate. Una ragione in più perché di questa vicenda debbano essere conservate alcune reazioni, utili a rappresentare quello che è successo e a orientare scelte future.
Il forte imbarazzo della Chiesa padovana
Comincio dalla Nota ufficiale della Chiesa di Padova.
Il legame tra la terra veneta e, nello specifico padovana, con il Brasile è molto forte per la grande storia migratoria, per le relazioni mantenute con gli oriundi, e per la presenza missionaria diocesana e di diverse famiglie religiose che vivono il loro servizio in quel paese. Non possiamo dimenticare, in particolare, le testimonianze pagate con il sangue del comboniano padre Ezechiele Ramin e del fidei donum don Ruggero Ruvoletto, e neppure la sintonia e l'amicizia personale ed ecclesiale con i vescovi del Brasile che proprio in questi mesi stanno denunciando a gran voce violenze, soprusi, strumentalizzazioni della religione, devastazione ambientali e "l'aggravarsi di una grave crisi sanitaria, economica, etica, sociale e politica, intensificata dalla pandemia".
Le notizie di questi giorni accendono ulteriormente i riflettori sulla gestione dell'emergenza Covid, in un paese che ha registrato oltre 600 mila morti per la pandemia.
A fronte di tutto questo la Chiesa di Padova, facendosi portavoce di un sentire diffuso e in forza del legame che unisce il Brasile con la nostra terra, coglie l'occasione del possibile passaggio ad Anguillara Veneta del presidente Bolsonaro, per chiedergli accoratamente di farsi promotore di politiche rispettose della giustizia, della salute, dell'ambiente, soprattutto per sostenere i poveri.
Non si nasconde che il conferimento della cittadinanza onoraria ci ha creato forte imbarazzo, stretti tra il rispetto per la principale carica del caro paese brasiliano e le tante e forti voci di sofferenza che sempre più ci raggiungono, e non possiamo trascurare, gridate da amici, fratelli e sorelle.
Sia nelle informazioni giornalistiche sia nei commenti tra i protagonisti si è molto insistito sul "forte imbarazzo" espresso dalla diocesi di Padova. È certamente il passaggio più politico della Nota.
Come si ama davvero la propria terra
La distinzione, anzi l'opposizione della Chiesa padovana è però espressa all'inizio della Nota contrapponendo alla cittadinanza onoraria a Bolsonaro l'onore a due martiri brasiliani partiti da Padova: padre Ezechiele Ramin e don Ruggero Ruvoletto. Nella festa di Ognissanti era a loro che toccava l'onore, se ad Anguillara Veneta si fosse davvero voluto segnalare il legame con il Brasile.
Ho lavorato a lungo con don Ruggero Ruvoletto. È stato ucciso il 19 settembre 2009, a Manaus, capitale dello Stato brasiliano dell'Amazonas. In Brasile era giunto nel 2003 dopo l'esperienza di direttore dell'Ufficio missionario della diocesi di Padova. Non mi ero meravigliato per quella sua scelta; sapevo da tempo che egli viveva la Missione e non gli bastava organizzarla; sapevo che viveva il suo sacerdozio nello stile conciliare del prete del popolo di Dio in mezzo al quale stare dove maggiore è il bisogno; una dottrina di vita pastorale appresa dall'arcivescovo di Padova mons. Filippo Franceschi, che per tutto il suo episcopato padovano, tra il 1982 e il 1988 l'aveva voluto con sé in Vescovado. Per questo nel 1994 il vescovo mons. Antonio Mattiazzo gli aveva affidato la Pastorale sociale e del lavoro. Per Don Ruggero il popolo di Dio era più "largo": ed ecco l'Ufficio Missionario; era più "povero": ed ecco il Brasile.
Non ho, invece, conosciuto personalmente padre Ezechiele, un "martire della carità", come lo ha definito Papa san Giovanni Paolo II pochi giorni dopo che il comboniano padovano era stato ucciso il 24 luglio 1985 da una squadra armata al soldo dei latifondisti al confine tra la Rondonia e il Mato Grosso, in Brasile, mentre cercava di proteggere la vita di famiglie che si sentivano minacciate nel conflitto per la terra. La rogatoria diocesana per la causa di beatificazione di padre Ezechiele Ramin "per martirio" sottolinea che il missionario padovano è morto per la difesa della fede, della pace e della giustizia.
È di questi due preti padovani che preferisco parlare, piuttosto che di Bolsonaro.
A padre Ezechiele Ramin fa riferimento un'altra reazione che merita di essere conservata. È la risposta di Marco Tarquinio, direttore di "Avvenire", al lettore Elvio Beraldin che tra l'altro gli aveva scritto: "Penso che, a ridosso del giorno dei Santi, sia più significativo ricordare un missionario che ha dato la sua giovane vita a difesa degli ultimi, che non offrire una pergamena a chi sta distruggendo il polmone verde del pianeta, aumentando povertà e ingiustizie nel Paese che governa".
Questo il commento di Marco Tarquinio.
Per fare ciò che lei suggerisce, gentile e caro amico, cioè onorare un missionario martire invece di un presidente quantomeno controverso e manifestamente insensibile alle sofferenze dei poveri e della natura, non bisogna soltanto amare la terra degli altri, in questo caso il Brasile e l'Amazzonia, ma bisogna anche amare per davvero - e non solo a parole o a slogan - la propria terra, in questo caso la terra veneta e padovana. Sì, bisogna amare la terra dove si è nati e cresciuti e l'umanità illuminata dalla fede cristiana che essa ha generato e ancora genera. Sino a capire, dando qui e ora senso al Padre Nostro che impariamo sin da piccoli, che abitiamo una "casa comune". Offrire la cittadinanza onoraria a chi ha compiuto errori evidenti e gravissimi, e probabilmente (ma non sono io il giudice che dovrà acclararlo) ha sulla coscienza misfatti intollerabili, è peggio di un autogol. È disonorevole complicità morale.
Nella Querida Amazzonia di Papa Francesco
Padre Ezechiele e don Ruggero non sono testimoni e protettori solo del Brasile per cui sono morti. La loro cittadinanza brasiliana, battezzata con il sangue dei martiri, continua in una Chiesa impegnata e profetica, con Papa Francesco diventata a pieno titolo parte della Chiesa universale. Resterà dell'attuale Pontefice il Sinodo speciale per la regione Panamazzonica (Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela, Suriname, Guyana e Guyana francese.), il grande progetto ecclesiale, civile ed ecologico che cerca di superare i confini e ridefinire le linee pastorali, adattandole ai tempi contemporanei. Si è trattato di una riflessione comunitaria di tutta la Chiesa che, come ha spiegato papa Francesco, ha inteso "trovare nuove vie per l'evangelizzazione di quella porzione del popolo di Dio, in particolare le persone indigene, spesso dimenticate e senza la prospettiva di un futuro sereno, anche a causa della crisi della foresta amazzonica, polmone di fondamentale importanza per il nostro pianeta".
A conclusione del Sinodo speciale, Papa Francesco ha dedicato alla "Querida Amazzonia" una esortazione apostolica, poetica e drammatica, nella quale il Brasile è quello di Don Ruvoletto e Padre Ramin.
Molti sono gli alberi
dove abitò la tortura
e vasti i boschi
comprati tra mille uccisioni.
I mercanti di legname hanno parlamentari
e la nostra Amazzonia non ha chi la difenda […].
Esiliano i pappagalli e le scimmie […]
Non sarà più la stessa la raccolta delle castagne.
Citando una poesia di Ana Valera Tafur e un testo di Jorge Vega Márquez, il Papa addita senza mezzi termini gli interessi colonizzatori di ieri e di oggi che, distruggendo l'ambiente "legalmente e illegalmente", hanno scacciato e assediato i popoli indigeni, provocando "una protesta che grida al cielo". E che continuano a farlo senza riconoscere o ignorando i loro diritti "come se non esistessero, o come se le terre in cui abitano non appartenessero a loro".
Padre Dario Bossi è anche lui padovano ed è il provinciale dei Comboniani Brasile. Nel 2019 ha proposto padre Ezechiele come "protettore" del Sinodo per l'Amazzonia. Ecco come racconta il Brasile di oggi.
"In Brasile c'è una situazione di collasso sanitario, socio-ambientale e democratico". Un ministero della Salute militarizzato e con pochissima competenza dei funzionari, la negazione del pericolo Covid-19 e l'incomprensibile scelta del Governo di investire solo il 27 per cento dei fondi stanziati per l'emergenza sanitaria "sono - prosegue - alla base del collasso sanitario". Poi c'è una crisi socio-ambientale dovuto a quanti approfittano della fragilità dell'Amazzonia e dell'assenza di controlli per intensificare il disboscamento, l'invasione delle terre indigene e rendere sempre più flessibili le leggi ambientali. Infine c'è un collasso democratico che in Brasile si associa a una crisi morale, dei valori e del rispetto. "Però c'è un'onda forte di solidarietà e di denuncia, soprattutto dei vescovi dell'Amazzonia, che si sono esposti con coraggio, determinazione e profezia denunciando la situazione".
Ci vuole coraggio ad emigrare: ieri, oggi
Continuo a parlare del Brasile, perché non è il Brasile che interessa al sindaco di Anguillara Veneta e alla maggioranza del locale consiglio comunale. Interessa proprio Jair Bolsonaro. E non perché il suo trisavolo era partito emigrante per il Brasile.
La memoria dei fittavoli della Bassa padovana in fuga dalla loro vita è stata lo strumento per onorare proprio il nuovo cittadino di Anguillara Veneta, immaginato come leader populista e quindi esemplare anche per gli italiani. Uno striscione inneggiante a Bolsonaro è apparso nel consiglio regionale del Veneto. Il Giorno dei Morti a Pistoia al cimitero militare brasiliano assieme a Jair Bolsonaro si è presentato Matteo Salvini.
In sintesi, tutta la storia è una ordinaria e normale propaganda salviniana.
Insopportabile questa volta, perché voluto tirare dalla propria parte il Brasile, il suo popolo di oggi, e le persone che nei secoli hanno formato quel popolo. Padre Ezechiele Ramin e don Ruggero Ruvoletto non sarebbero stati in silenzio.
Alessandra Buoso, il sindaco, ha risposto alle critiche sostenendo che "l'onorificenza non è a un uomo e alle sue politiche ma a un Paese, il Brasile, che ha saputo accogliere chi nel passato è emigrato". Una volta era "lecito" emigrare e adesso no? Quando era ministro dell'Interno Matteo Salvini, il segretario del partito di riferimento della giunta di Anguillara, non se l'è cavata bene Mimmo Lucano, sindaco di Riace, che pure "ha saputo accogliere".
Era un bambino di dieci anni il trisavolo di Bolsonaro quando la sua famiglia lo portò in Brasile: un'età per capire e soffrire, non per scegliere. Non fu l'unico a fuggire dalla fame e dalla pellagra in cerca di qualcosa che non conosceva. Ciascuno di questi emigranti merita che se ne cerchino le tracce nel mondo. Ciascuno di questi emigranti merita di essere reiscritto all'anagrafe di Anguillara Veneta come cittadino onorario, per il coraggio e per le sofferenze.
Ci vuole coraggio ad emigrare. Ieri, oggi lasciare tutto per un altrove sconosciuto e pericoloso comporta disperazione e insieme coraggiosa speranza. Ma c'è chi non pensa che gli emigranti di ieri e di oggi abbiano vite simili.
7 novembre 2021