di Tino Bedin assessore alla programmazione economica
La manovra correttiva di mezza estate, realizzata dal Governo sui conti dello Stato con il decreto 168/2004, oltre che per i suoi contenuti e per l'impatto economico che è destinata ad avere per il Paese, sarà ricordata soprattutto come la ratifica della fine di una stagione politica. È il fallimento, nei fatti, del federalismo: un trasferimento di compiti e funzioni, senza possibilità di accesso a risorse e mezzi finanziari propri. Ancora una volta infatti l'impatto più pesante e dirompente delle scelte di politica finanziaria del Governo si conferma a carico degli enti territoriali.
Il nuovo centralismo. Ci sono due indirizzi generali della manovra che confermano il prevalere di un nuovo centralismo.
1) Prosegue il sostanziale svuotamento del processo di responsabilizzazione, anche finanziaria, delle amministrazioni pubbliche, avviato con le riforme di decentramento amministrativo degli anni Novanta (le cosiddette leggi "Bassanini"). Questo è il senso le disposizioni che hanno ripristinato l'obbligo di ricorso alle convenzioni CONSIP, cioè alla società di proprietà del ministero dell'Economia, per l'acquisto di materiali e servizi, in funzione di ri-centralizzazione della spesa pubblica.
L'obbligo di ricorso all'agenzia centrale statale per gli acquisti, da parte di comuni, province, regioni e altre amministrazioni pubbliche, già previsto dalla Finanziaria 2003, era stato successivamente soppresso, anche per effetto delle legittime proteste degli amministratori pubblici. La "manovrina" estiva lo ripristina prevedendo che le amministrazioni che scelgano di non ricorrere alle convenzioni CONSIP debbano comunque utilizzare i parametri convenzionali, quali limiti massimi di prezzo.
2) La manovra incide direttamente sulla finanza degli enti territoriali, confermando che è sulle regioni, i comuni e le province che ormai sistematicamente, dall'inizio della legislatura, si scaricano i maggiori costi dell'incapacità del Governo centrale di gestire la spesa pubblica.
Né va dimenticato che l'attuale Governo ha anche bloccato la leva della fiscalità locale, togliendo contemporaneamente linfa finanziaria e autonomia politica e amministrativa alle regioni e agli enti locali.
Risparmi forzati sui servizi. Questa manovra finanziaria aggiuntiva è destinata a comportare per gli enti locali risparmi forzati nella spesa per l'acquisto di beni e servizi, per un ammontare complessivo stimato dall'ANCI, l'Associazione nazionale dei Comuni italiani, in circa 2,4 miliardi di euro. Secondo le stime dell'Eurispes, a risentire maggiormente dei tagli saranno le amministrazioni comunali e provinciali, che dovranno far fronte ad una ''stretta'' rispettivamente pari a 1,5 miliardi di euro e 480 milioni di euro, corrispondenti ad una riduzione della spesa corrente pari al 3,5 per cento per i Comuni e al 3,9 per le Province. Siamo all'oggettiva saturazione, ormai da tempo raggiunta, di ogni possibile margine di compressione delle spese degli enti locali.
Le durissime reazioni dei sindaci e dei presidenti delle regioni e delle province ai nuovi tagli disposti dal decreto-legge n. 168 non ricalcano semplicemente un "copione" già visto. I motivi di allarme per gli amministratori locali sono in questo caso più gravi e profondi.
Ad essere direttamente pregiudicata dal decreto-legge n. 168 è l'erogazione di servizi essenziali indispensabili al cittadino: dal servizio idrico alla fornitura di gas, dalla illuminazione pubblica allo smaltimento e raccolta dei rifiuti, passando per l'assistenza sociale ed il trasporto locale.
Tale contrazione di spesa è tanto più pesante in quanto si aggiunge alla riduzione programmata dei trasferimenti alle amministrazioni comunali già disposta dalla legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448 del 2001) e valutabile, per il triennio 2002-2004, in oltre 621 milioni di euro; un taglio che ha già comportato un incremento della pressione tributaria locale pari a 3,5 punti percentuali.
Anche se Cadoneghe rispetta il Patto di stabilità. L'originaria formulazione del comma 11 dell'articolo 1 del decreto prevedeva, infatti, per le regioni, le province e comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, una riduzione della spesa per "consumi intermedi", da realizzare nel 2004, in misura pari al 10 per cento rispetto alla media del triennio 2001-2003.
Questa disposizione ha immediatamente suscitato il più vivo allarme presso gli enti locali. In primo luogo, non risultava chiaro a quali spese si riferisse il taglio, considerato che la voce di bilancio "consumi intermedi" è presente nel bilancio dello Stato, ma non nei bilanci degli enti locali. In secondo luogo, poiché tale taglio interviene in corso d'anno, molte amministrazioni - in particolare, le più efficienti - hanno già impegnato gran parte delle risorse di bilancio disponibili, rendendo quanto meno dubbio come possano garantirsi in concreto i "diritti soggettivi", ai quali pure la norma fa riferimento.
Il governo è stato costretto a correre ai ripari con un maxi-emendamento, che ha chiarito il primo aspetto, sostituendo il riferimento ai consumi intermedi con la dizione "spesa per l'acquisto di beni e servizi". Quanto al secondo aspetto, si è introdotta la previsione che la riduzione del 10 per cento non si applichi alle spese già impegnate alla data di entrata in vigore del decreto, per le sole regioni e i soli enti locali in linea con il Patto di stabilità e crescita sottoscritto per la moneta unica.
È il caso di Cadoneghe.
Penalizzati dalla nostra crescita. Ad ogni modo, la versione definitiva del decreto legge 168/2004, così come è stata approvata dal Senato, modifica le modalità con cui sono operati tagli alla spesa degli enti locali, ma non ne riduce - se non in misura molto limitata - la dimensione. Il che determinerà la conseguenza che nel mese di settembre - verosimilmente in sede di deliberazione di ricognizione sul grado di raggiungimento degli obiettivi - dovremo ampiamente rivedere il bilancio 2004.
Dovremo ridurre la propria spesa per l'acquisto di beni e servizi nella misura del 10 per cento rispetto a quanto speso in media nel triennio 2001-2003. La modifica dell'oggetto dei tagli (da "beni intermedi" a "beni e servizi") renderà inevitabile una ricaduta sui servizi erogati dal comune.
Avere assunto come base di riferimento la spesa per l'acquisto di beni e servizi aumenta per il Comune di Cadoneghe la dimensione del taglio che dovremo effettuare: esso sarà in valori percentuali più elevato del 10 per cento, visto che l'ammontare della spesa per beni e servizi è cresciuto a Cadoneghe nel triennio 2001-2003. I cittadini di Cadoneghe "pagheranno" per avere avuto un'amministrazione che ha investito sempre più sulla qualità della vita.
Poiché Cadoneghe ha rispettato il Patto di stabilità nel 2003 e nei primi sei mesi del 2004, i tagli si devono riferire agli stanziamenti allocati in bilancio e non utilizzati fino alla data di entrata in vigore del decreto legge. Ma qui c'è un'assoluta incompetenza del governo: il rispetto del Patto di stabilità e crescita può essere misurato solo nell'esercizio finanziario annuale, perché oltre che dalle spese, il bilancio è determinato dalle entrate e queste ultime non dipendono solo dal Comune.
Ogni mese 130 milioni di lire in meno. Saremo costretti a congelare risorse finanziarie non ancora impegnate per il 2004. Pur in presenza di un bilancio sano, saremo costretti a ridurre anche là dove abbiamo i soldi, servizi sociali compresi. E non si tratta di cifre da poco.
Secondo quanto è scritto nella norma approvata dal Parlamento, calcolata la media degli impegni tra il 2001 e il 2003, confrontata con la previsione di spesa per il 2004, su una disponibilità di 637.498 euro per l'acquisto di beni e servizi senza diritti soggettivi, la somma non impegnabile è di 336.137 euro; 650 milioni di vecchie lire; sono 130 milioni al mese tra agosto e dicembre che non potremo impiegare.
Sono soldi nostri; soldi dei cittadini di Cadoneghe; soldi che abbiamo già, che non chiediamo allo Stato o alla Regione. Siamo costretti ad accantonarli.
Il Comune di Cadoneghe è costretto a tenere in frigorifero 130 milioni di vecchie lire al mese, mentre l'economia locale stenta ad imboccare la strada della produttività. Mentre le famiglie riducono i consumi, anche gli enti pubblici non spendono. Non so dove andrà l'economia.
Basta scorrere alcune voci di bilancio 2004 del comune di Cadoneghe soggette al "taglio" governativo per capire le conseguenze disastrose anche sul piano dell'economia generale.
Subirà il taglio l'intera previsione di spesa per lo sportello unico per le attività produttive, che si sta progettando.
Sarà taglieggiata metà della spesa per le reti informatiche e il 55 per cento di investimenti in hardware e software, cioè in strumenti che rendono più produttivo, veloce e trasparente il nostro Comune.
Anche la vita dei cittadini sarà "decurtata". Avremo un taglio su:
- l'intero capitolo della manutenzione ordinaria delle strade;
- l'intero capitolo del piano triennale per infanzia e adolescenza;
- il 58 per cento della pubblica illuminazione;
- il 30 per cento del ricovero in istituti;
- il 65 per cento delle spese per manifestazioni popolari;
- il 45 per cento delle spese per manifestazioni culturali;
- il 73 per cento delle prestazioni della Protezione civile.
Più che un decreto "tagliaspese", questo è un decreto "tagliavene": toglie sangue alle imprese, al commercio, alle famiglie, alla comunità.
L'elenco potrebbe infatti continuare.
Questo avviene in un momento in cui di tutto i cittadini hanno bisogno tranne che di perdere ulteriori sicurezze sul loro presente e sul loro futuro.
Il rapporto Isae è drammatico. Mentre nel 2003 il 51,4 per cento degli intervistati si sentiva povero, adesso a dichiararsi tale è il 60,7 per cento, cioè più di sei famiglie su dieci. Si tratta di una stato disagio legato alle condizioni di incertezza e alle ansie per il futuro. Disagio del resto evidenziato dal crollo senza precedenti delle vendite nel commercio: -3,2 per cento a maggio rispetto ad un anno prima.
La strada per salvare i diritti dei cittadini di Cadoneghe. Noi però non ci arrendiamo di fronte a questa decisione del governo e della maggioranza. Alcuni comuni hanno deciso azioni spettacolari, come lo spegnimento della pubblica illuminazione. Servono certo a creare attenzione nell'opinione pubblica. Noi proponiamo al consiglio comunale di Cadoneghe di scegliere la strada istituzionale per salvare i diritti dei cittadini di Cadoneghe o almeno per ridurre i danni che subirebbero dalle decisioni del governo.
Il decreto legge prevede che debba essere esclusa dai tagli la spesa "dipendente dalla prestazione di servizi correlata a diritti soggettivi dell'utente". Non precisa quanti sono concretamente questi diritti, per cui gli operatori dovranno ricavare la nozione in via interpretativa.
Ci sono alcune elementi ai quali fare riferimento per ridurre la portata dei tagli imposti dal governo.
1) Il decreto del 29 maggio 1993 del ministero dell'Interno individua i servizi indispensabili dei Comuni al fine della impignorabilità delle risorse.
2) La legislazione nazionale e regionale indica come obbligatorie alcune attività dei comuni rivolte all'erogazione di servizi ai cittadini, spesso fissando standard minimi da rispettare.
3) Le tabelle allegate al decreto legge escludono dai tagli le spese per scuola, sanità, sicurezza ed interventi di carattere sociale.
4) Sia alla Camera che al Senato l'approvazione di questo decreto è stata accompagnata da una serie di dichiarazioni del governo e di raccomandazioni del Parlamento che in molti casi sono se non in contrasto con la norma, certamente ne correggono il tiro. Anche di questi elementi, che il governo non potrà smentire, anche se l'interpretazione letterale della norma direbbe il contrario, noi ci faremo forza per ridurre i danni.
L'Associazione nazionale comuni italiani, l'Anci, ha elaborato una serie di criteri interpretativi con i quali si precisano l'ambito di applicazione del decreto tagliaspese, le materie escluse, il valore di alcune definizioni.
Sulla base di questa interpretazione restrittiva, i tagli cui sarebbe costretto il Comune di Cadoneghe si ridurrebbero in maniera significativa a 51.251 euro; si passerebbe insomma da 650 a 100 milioni di vecchie lire. Non è una differenza da poco.
Per questo chiediamo al consiglio comunale di fare propri questi criteri interpretativi, in modo da consentire ai dirigenti comunali di avere un indirizzo, ma soprattutto di ottenere dal governo una dichiarazione in questo senso.
Deve essere chiaro infatti che noi non possiamo chiedere ai nostri funzionari di rispondere alle interpretazioni ma alle norme. E le norme così come sono state votate dal Parlamento prevedono per Cadoneghe tagli per 336.137 euro. Ma, come ho detto, non sono rassegnato.
Si risparmia comprando tutto a Roma? Il decreto non contiene, come ho ricordato all'inizio, solo vincoli per il bilancio di Cadoneghe.
Il governo vincola tutte le amministrazioni comunali ad utilizzare le convenzioni di acquisto Consip o le relative condizioni, prevedendo che il mancato rispetto di queste procedure costituisca fonte di responsabilità.
Dovranno essere trasmessi al controllo di gestione gli atti con cui sono disposti i singoli acquisti, corredandoli di una dichiarazione sostitutiva attestante il rispetto delle prescrizioni sull'uso delle convenzioni Consip.
Ricordo ai consiglieri che il ricorso alla Consip era stato appena eliminato a dicembre con la legge finanziaria 2004, in considerazione dei risultati negativi per la qualità dei prodotti e per la stessa economicità. Questa è stata anche l'esperienza di Cadoneghe.
Ricavo da un appunto redatto dal nostro vicesegretario generale dottor Volpato che, ad esempio, la stessa ditta ha fatto per Cadoneghe un prezzo più alto attraverso la Consip rispetto a quello che ci ha fatto successivamente in una gara diretta. Ricavo anche che i tempi di consegna sono mediamente assai più lunghi attraverso la Consip che attraverso il mercato diretto.
Il controllo di gestione alla Corte dei conti. Il decreto stabilisce poi che il referto del controllo di gestione sia trasmesso alla Corte dei conti: un indubbio rafforzamento del peso di tale strumento, anche se si possono avanzare dubbi di carattere istituzionale sulla scelta di rafforzare i canali diretti tra responsabili dei controlli interni e magistratura contabile.
Anche in questo caso siamo di fronte alla negazione del federalismo cooperativo.
In ogni caso noi ci impegneremo in questa direzione. Sul controllo di gestione Cadoneghe ha già maturato un'esperienza mediamente superiore ai comuni di pari dimensione. Intendiamo perfezionare la procedura, con la collaborazione del personale addetto, in modo non tanto da rispondere ad un governo centralista, quando da rispondere ai cittadini e subito ai nostri collaboratori che troveranno nel controllo di gestione non un giudice di gara, ma un navigatore.
Difenderemo i cittadini dai tagli. Ci siamo assunti un impegno con i cittadini sia come forze politiche in campagna elettorale che come amministratori: quello di lasciare invariata la pressione fiscale comunale e di mettere in atto tutte le strategie per ridurla. Intendiamo mantenere fede a questo impegno che è anche una assicurazione ai cittadini. Se la dissipazione cui la Destra ha portato i conti pubblici dovesse essere scaricata sui cittadini di Cadoneghe, dovrà essere chiaro da dove vengono le decisioni.
Relazione di consiglio comunale di Cadoneghe
Municipio / 29 luglio 2004
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